sabato 15 dicembre 2012

TAME IMPALA: dall'Australia, una band in ottima forma e in piena fase creativa

TAME IMPALA “Lonerism” (Modular / Audioglobe, 2012) – www.tameimpala.com

Tracklist:
01. Be above it (ascolta: http://youtu.be/49_f4lWOeFE)
02.
Endors toi (ascolta: http://youtu.be/y9fClMYLXdw)
03. Apocalypse dream (ascolta: http://youtu.be/KQH2Kq1QXaI)
04. Mind mischief (ascolta: http://youtu.be/m-APMhAkGys)
05. Music to walk home by
06. Why won't they talk to me?
07. Feels like we only go backwards (ascolta: http://youtu.be/wycjnCCgUes)
08. Keep on lying
09. Elephant (ascolta: http://youtu.be/LnKUD_OztRE)
10. She just won't believe me
11. Nothing that has happened so far has been anything we could control
12.
Sun's coming up

Dopo la rivelazione di “Innerspeaker”, che nel 2010 fece fare ai Tame Impala un balzo in avanti non da poco, ecco che a due anni di distanza, dopo un'attesa a tratti spasmodica, anticipata dal singolone “Elephant”, Kevin Parker e soci provano a fare l'ennesimo colpaccio con il nuovo “Lonerism”. Siamo sempre in casa Modular, siamo sempre sulle frequenze sessantiane à la Cream, come siamo sempre dalle parti di un guitar-pop psichedelico, espanso e fuzzoso. Prodotto da un grande dell'ambiente, quel David Fridmann legato ai nomi di Flaming Lips e Mercury Rev, “Lonerism” non cambia molto, in termini di sound, rispetto al precedente lavoro, né metterà alla prova gli affezionati con novità e stravolgimenti vari. Nonostante i riferimenti siano i soliti (dei Beatles in fase acida che duellano con i Cream – ascoltate a proposito “Mind Mischief”), l'attualità della proposta è garantita dalla freschezza pop con cui gli australiani affrontano la loro inesauribile verve psichedelica. Insomma, la parola chiave è contemporaneità.
Un lavoro che mette ottimismo e che lascia ben sperare sul futuro di una band che pare in ottima forma e in piena fase creativa. I Tame Impala non sono per niente fermi, si potrebbe dire piuttosto che stiano cercando di esaurire il potenziale liberato con lo scorso “Innerspeaker”, riuscendo, in alcuni casi, ad andare perfino oltre e in altri a mantenersi di poco sotto la precedente proposta. Non so voi, ma io continuo a tifare Tame Impala. (http://www.storiadellamusica.it/classic_rock-psichedelia-wave/psychedelic_rock/tame_impala-lonerism(modular-2012).html)
“Innerspeaker” era traducibile con “introspezione”, “guardarsi dentro”. “Lonerism” è invece un chiaro riferimento alla solitudine. Kevin Parker ha messo in piedi questo progetto per parlare di come si sente, di quello che vive e di come lo vive. Praticamente è una terapia ed è particolarmente interessante notare che il linguaggio scelto per farlo sia quello della psichedelia, probabilmente il genere più indicato per guidare l’esplorazione del “sé” interiore. Un’esplorazione colorata, lisergica, a tratti acida, scaturita dall’amore per band come i Cream e Jefferson Airplane, ma soprattutto dall’idolatria (assolutamente comprensibile, per non dire condivisibile) nei confronti dei Beatles più colorati: bastano quarantasei secondi di “Be above it” per rendersene pienamente conto. Tutto qui! Sui Tame Impala, dal punto di vista sonoro, c’è poco da aggiungere rispetto a quanto già detto in passato. “Lonerism” è semplicemente più grande, più maturo e più corposo. E, per quanto sempre estremamente derivativo, rappresenta la quintessenza del gruppo stesso. Questa volta “il viaggio” ha portato Parker a mettere insieme 12 ottime tracce che si fanno apprezzare per brillantezza, coesione e inventiva. Ascoltare “Lonerism” dall’inizio alla fine è quindi il modo migliore per poterlo apprezzare fino in fondo. Servono una cinquantina di minuti abbondanti, d'accordo, ma anche il tempo, dopo un po’, diventa una questione davvero relativa. È noto, infatti, che la bellezza di questo genere di musica risiede proprio nella capacità di farti perdere i sensi, spalancando contemporaneamente le porte della percezione. Questo era, e questo è! (http://www.rockol.it/recensione-5008/Tame-Impala-LONERISM)
Sia ben chiaro: gran parte di quello che troverete in quest’album è puro citazionismo, poi c’è chi lo sa fare meglio o chi non lo sa fare affatto. I Tame Impala conoscono bene il mestiere e hanno saputo rielaborare quel rock psichedelico di cui sopra per farne un buon album compatto. Chi è stanco di sentir parlare a sproposito di psichedelia ogni volta che un gruppo rock si diverte a riproporne i canoni, troverà pane per i suoi denti. (http://www.lindiependente.it/recensioni/tame-impala-lonerism/11211/)
“RADI@zioni” è un programma in onda tutti i lunedì e venerdì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica “Ciccio Riccio” (www.ciccioriccio.it) di Brindisi.



GRAVEYARD: hard rock, blues, stoner e psichedelia... Una ricetta classica, quasi infallibile!

RADI@zioni / Disco Hot N° 25:
GRAVEYARD “Lights Out” (2012)

… Arrivano dalla Svezia. Sono alla loro terza uscita con un lavoro che non si distanzia dagli album precedenti. Propongono un hard rock con forti venature blues, stoner e psichedeliche… Una ricetta classica, quasi infallibile…
… Disco vario e divertente, diciamo con scarsa originalità, con poche innovazioni ma la qualità delle canzoni presentate è di una validità sconcertante. Un disco suonato da quattro hippies fuori tempo massimo, tanto da essere in grado di dettare le regole ai tanti giovani che si avvicinano al genere.
… “Lights Out” ha sonorità perfette per muoversi al ritmo del rock’n’roll in un piccolo club, magari con una buona birra a portata di mano… Solo 35 minuti di vero sound graffiante! Disco di consacrazione per gli svedesi Graveyard!
(Carmine Tateo)

Tracce consigliate:
AN INDUSTRY OF MURDER (ascolta: http://youtu.be/B5dO17rULEg)
SLOW MOTION COUNTDOWN (ascolta: http://youtu.be/fTG1r_rREkg)
THE SUITS, THE LAW & THE UNIFORM (ascolta: http://youtu.be/US80kcUhV4I)


sabato 8 dicembre 2012

KAMELOT: un’ottima ripartenza dopo lo shock dell'addio di Roy Khan!


KAMELOT “Silverthorn” (SPV/Steamhammer, 2012) – www.kamelot.com

Tracklist:
01. Manus Dei
02. Sacrimony (Angel of Afterlife) (ascolta: http://youtu.be/LvWT-7l6vJU)

03. Ashes To Ashes
04.
Torn (ascolta: http://youtu.be/SGJ8XE9euPU)
05. Song For Jolee (ascolta: http://youtu.be/HsFNAda4Pcw)
06. Veritas (ascolta: http://youtu.be/ntK72VmtwFI)

07. My Confession
08. Silverthorn
09. Falling Like The Fahrenheit
10. Solitaire
11. Prodigal Son
12. Continuum

Sicuramente la curiosità suscitata dalla decima uscita dei Kamelot, era molto alta. L’abbandono, alquanto inaspettato, dell’ex singer Roy Khan, vera figura iconica della band, rappresentava infatti un forte punto di incertezza sul futuro dei Nostri. “Silverthorn” si presenta come un’opera che riabbraccia il passato, mantiene i contatti con la storia recente del gruppo, e ci presenta al contempo delle lievi modifiche al songwriting, adesso più tendente a soluzioni complesse, oscure ma sempre eleganti. Un ritorno che vede in definitiva i Kamelot a testa alta, e non piegati sotto il peso dell’assenza di una figura così ingombrante come quella di Roy Khan (http://metalitalia.com/album/kamelot-silverthorn).
I Kamelot, con “Silverthorn”, decidono di affidarsi nuovamente ad un concept, esperimento non nuovo per la band della Florida (basti ricordare il bellissimo “The Black Halo” del 2005). Tra i maggiori esponenti del power symphonic metal, hanno in passato offerto prove davvero degne di attenzione ed in qualche caso esaltanti. Personalmente, li reputo tra i gruppi più importanti del genere per le qualità espresse e soprattutto per la rara capacità di riuscire a non annoiare pur mantenendosi fedeli al loro genere. Il combo, tutt’ora capitanato dal chitarrista Thomas Youngblood, è riuscito nel tempo a superare alcune defezioni e cambiamenti di formazione, rispondendo sempre con dischi di ottimo livello. Non fa eccezione neppure quest’ultima uscita che registra l’abbandono del cantante norvegese Roy Khan al cui posto oggi si trova Tommy Karevik, giovane singer svedese. Il cambiamento pare sia avvenuto nel migliore dei modi. Da ciò che si evince, Karevik mostra doti importanti e denota da subito buona personalità. Dunque non c’è molto da aggiungere proprio perché di innovativo all’interno del progetto c’è davvero poco ma, paradossalmente, questa è proprio la sua forza (http://agesofrock.wordpress.com/2012/10/24/kamelot-silverthorn-2012/).
I Kamelot ripartono praticamente da dove li avevamo lasciati. Il precedente album da studio, “Poetry for the poisoned”, risale al 2010. Il loro sound denso di elementi sinfonici e sfumature gotiche è ancora del tutto intatto, e si arricchisce solo qua e là di quelle influenze progressive e melodiche probabilmente portate dal nuovo arrivato, e per questo piuttosto simili ad alcuni passaggi della sua precedente band, i Seventh Wonder. Detto questo, il nuovo cantante (ma già lo sapevamo!) è un vero talento e riesce con estrema maestria a non far rimpiangere più di tanto il suo predecessore. Thomas Youngblood come sempre macìna riff di chitarra con precisione e originalità, combinando l'aggressività e rapidità del power metal con lo spirito più attento ai suoni e alla melodia del genere sinfonico, mentre Oliver Palotai, alle tastiere, dà sfumature importanti ai differenti brani affiancandosi al basso di Sean Tibbetts e alla batteria di Casey Grillo. Niente da dire sulla produzione e sul songwriting di questo concept album, entrambi maiuscoli, ma se si vuole trovare una pecca a questo disco, ecco, occorre ammettere che la band ha osato poco, rimanendo troppo ancorata al suo stile piuttosto che virare verso i nuovi orizzonti che uno spirito talentuoso e musicalmente irrequieto come quello di Karevik potevano fornire. In parole povere: un’ottima ripartenza dopo lo shock dell'addio di Khan! Il plot è ambientato nell’800 intorno alla vicenda di una ragazza (Jolee) che muore tra le braccia dei suoi fratelli gemelli. Appartiene ad una famiglia benestante protagonista di eventi drammatici riconducibili a tradimenti e segreti. Sono presenti anche ospiti di rilievo come Elize Ryd, voce degli Amaranthe, il tastierista e dj produttore Miro, la mezzosoprano Amanda Somerville ed il nostro Luca Turilli dei Rhapsody. (http://www.rock-metal-essence.com/2012/10/kamelot-silverthorn-recensione.html)
Se siete fans dei Kamelot, state ben tranquilli, questo è un disco di alto livello… ed anche se non lo siete, “Silverthorn” potrebbe essere comunque un buon punto di partenza per avvicinarsi a questa magnifica band!
“RADI@zioni” è un programma curato da Camillo Fasulo, Marco Greco, Antonio Marra e Angelo De Luca, realizzato con la radi@ttiva collaborazione di Rino De Cesare, Angelo Olive, Mimmo Saponaro e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì e venerdì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica “Ciccio Riccio” (www.ciccioriccio.it) di Brindisi.


JEFF THE BROTHERHOOD: JEFF THE BROTHERHOOD... un colpo dalle prospettive ambiziose!


RADI@zioni / Disco Hot N° 24:
JEFF THE BROTHERHOOD “Hypnotic Nights” (2012)
Ci sono canzoni che già fin dal primo ascolto ti entrano in testa e non le dimentichi facilmente… ma non è il caso di “Hypnotic Nights”, il nuovo album di Jeff The Brotherhood…
Perché??? Perché “Hypnotic Nights” è disco facile ma allo stesso tempo difficile da assimilare. Ha bisogno di più ascolti per fare centro! Potremmo definirlo “grunge” per via delle chitarre grattugiate e per l’enfasi vocale un po’ stridula, ma anche pop o alternative-pop per i ritornelli mai scontati.
Un po’ “retrò”, un po’ “modern”, la band inglese piazza un colpo dalle prospettive ambiziose. Occorre solo aspettare il prossimo lavoro per decidere se ci sono o ci fanno…
(Carmine Tateo)
Tracce consigliate:


sabato 1 dicembre 2012

THE NOMADS: Lezioni di puro rock'n'roll!

THE NOMADS “Solna” (Devils Jukebox Records, 2012) – www.thenomads.se

Tracklist:
01 – Miles Away (ascolta: http://youtu.be/c_86mxxg5Wk)
02 – Hangman’s Walk (ascolta: http://youtu.be/FOKA6CUBGFk)
03 – The Bad Times Will Do Me Good (ascolta: http://youtu.be/xvjNOLZRh0E)
04 – You Won’t Break My Heart
05 – Can’t Go Back (ascolta: http://youtu.be/5zOixza-24g)
06 – 20.000 Miles
07 – American Slang
08 – Make Up My Mind
09 – Trying Too Hard
10 – Up, Down Or Sideways (ascolta: http://youtu.be/JTcojTQs5Gg)
11 – The Bells

A più di trent’anni dall’esordio (nel loro primo periodo suonavano covers di oscuri brani garage anche difficili da riconoscere) e ad una dozzina dall’ultimo lavoro in studio, tornano i padri del garage rock scandinavo, The Nomads, che negli anni successivi alla loro affermazione troveranno anche degni eredi in formazioni quali, ad esempio, Hellacopters, Gluecifer e un po’ anche The Hives, come anche estimatori in gentaglia del calibro di Ross The Boss e Handsome Dick Manitoba dei proto-metallari americani Dictators e Chris Bailey dei punkettoni australiani The Saints, giusto per sottolineare ancora una volta l’influenza e l’enorme importanza esercitata su intere generazioni di rockers brutti, sporchi e cattivi, proprio come loro! Un ritorno quasi a sorpresa, quindi, per questo immarcescibile combo di Stoccolma, dal sobborgo di Solna per la precisione, da cui prende il titolo anche il loro nuovo album. “Solna” è stato pubblicato nella scorsa primavera, per la verità, ma mi è sembrato doveroso poterlo recuperare per sottoporlo all’attenzione di chi se lo fosse lasciato colpevolmente sfuggire. (http://www.nerdsattack.net/?p=37086)
Eccolo qua il nuovo album degli immortali Nomads! “Solna” è il suo titolo! Un signor disco, un album che si inserisce perfettamente nella discografia dei nostri, mostrando i denti con raffiche di rock'n'roll punk (Miles Away), ruvidi hard garage rock dilaniati dal fuzz (Hangman's Walk), e aprendo l'anima con ballatone garage-psych (The Bad Times Will Do Me Good). Se non vi basta, fatevi stendere dal pop-punk della ramonesiana “American Slang”, rilassatevi con il garage pop di estrazione 60s di “Make Up My Mind” e fatevi trasportare dai riffoni hard di “Up, Down Or Sideways”. Ci sono anche pezzi meno riusciti e più stanchi (“You Won't Break My Heart”, “20.000 Miles”), ma provate voi a fare un album così con più di trent'anni di carriera sul groppone! (http://loudnotes.blogspot.it/2012/10/the-nomads-solna-devils-jukebox-records.html)
The Nomads: autentici sopravvissuti a tutto, ma proprio tutto il rock’n’roll ma hanno ancora un passo da primi della classe, e scusate se è poco! La sfiga dei Nomads è che nessuno ha creduto in loro fino in fondo, altrimenti oggi farebbero sfoggio della loro “classicità” dall’alto dell’Olimpo degli dei del rock. Godiamoci “Solna”, allora, e ringraziamo il cielo perché The Nomads non hanno ancora mollato. Non puoi aspettarti altro da gente come loro, perché puoi anche avere il miglior manager del mondo, ma se non hai talento… prima o poi cambi mestiere… e i Nomads dopo trent’anni di battaglie sono ancora qui a tenere lezioni di puro rock’n’roll… vorrà pur dire qualcosa, no? (Mario Ruggeri – cit. da “Rumore” #246-247/Agosto 2012)


“RADI@zioni” è un programma curato da Camillo Fasulo, Marco Greco, Antonio Marra e Angelo De Luca, realizzato con la radi@ttiva collaborazione di Rino De Cesare, Angelo Olive, Mimmo Saponaro e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì e venerdì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica “Ciccio Riccio” (www.ciccioriccio.it) di Brindisi.


GRAVELROAD: Una "nuova" ondata di "vecchio" blues

RADI@zioni / Disco Hot N° 23:
GRAVELROAD “Psychedelta” (2012)
Può capitare che ogni tanto si torni indietro nel tempo, o almeno così pare… Ogni tanto si sente il bisogno di andare a riscoprire le radici della musica che oggi più amiamo…
Per chi ama il blues, profondamente, questo è un disco di puro blues… questo è un vero gruppo blues! La band è di Seattle, città che nel corso degli anni ci ha consegnato storiche pagine musicali, tracce indelebili per la storia della musica che più amiamo. Beh, forse è un po’ troppo presto per inserire i Gravelroad tra i grandi del rock, ma questa band è, seriamente, innamorata persa di quello che fa. Dopo il loro primo lavoro,uscito nel 2008, quest’anno hanno realizzato “Psychedelta”, qualitativamente sullo stesso livello del precedente. Sound duro e turgido che ripropone “vecchie” sonorità blues e… non aggiungerei altro… parla la musica dei Gravelroad…
(Carmine Tateo)

Tracce consigliate:
NOBODY GETS ME DOWN (http://youtu.be/32wydKDqCdU)
KEEP ON MOVIN’ (http://youtu.be/rlTIHKFifOY)


sabato 24 novembre 2012

DEAD CAN DANCE: la magnifica "resurrezione"

DEAD CAN DANCE “Anastasis” (Pias, 2012) - www.deadcandance.com

Tracklist:
1. Children Of The Sun (ascolta: http://youtu.be/7PSZb76cTcE)
2. Anabasis
3.
Agape
4. Amnesia (ascolta: http://youtu.be/_iuukyjCz74)
5. Kiko
6. Opium (ascolta: http://youtu.be/zReWPjreJzI)
7. Return Of The She-King
8. All In Good Time (ascolta: http://youtu.be/AF_bBhDnjZs)


Sedici anni di silenzio discografico, per un gruppo “pop”, equivalevano, un tempo, a un esilio senza ritorno. Non oggi, che l'assenza prolungata è diventata un plusvalore su cui giocarsi il ritorno sulle scene trasformandolo in “evento”. Tanto più se si tratta di un marchio esoterico come quello dei Dead Can Dance, già di per sé estraneo alle logiche della musica di consumo e dello sfruttamento intensivo. Certo, DCD non sono più avventurosi e inquietanti come ai tempi dei primissimi dischi per la 4AD, ma la loro proposta continua ad essere un magnete irresistibile per le nostre orecchie (http://www.rockol.it/recensione-4967/Dead-Can-Dance-ANASTASIS).
La prima domanda che sorge spontanea alla notizia di una reunion è inevitabilmente legata alle motivazioni originate da tale decisione. Di reunion, in questi anni, ne abbiamo viste tante: molte accolte con il piacere di un “bentornati”, altre capaci di partorire nuovi tasselli da aggiungere a trascorsi importanti; ma una considerevole parte di queste ha finito col produrre lavori di gran lunga inferiori alle attese. Brendan Perry e Lisa Gerrard di grandi cose ne hanno fatte tante. Con le loro voci e con la loro eterna ricerca, Dead Can Dance hanno saputo scrivere alcune fra le pagine più suggestive e innovative della musica tutta, distanziandosi con originalità da qualsiasi etichetta, pescando da un passato arcano, mescolando le radici con la sperimentazione, agganciandosi qua e là a tendenze più o meno definite, ma mantenendosi sempre ben saldi ad un marchio di fabbrica esclusivo. Tre quarti di quella che oggi suole classificarsi sotto l'etichetta di dark-wave deve buona parte della sua ispirazione ai due, che, dopo la separazione, nei rispettivi percorsi solisti hanno adattato la potenza evocativa della loro musica all'immagine: quella dei film (per la Gerrard) ma anche quella dell'intimo cantautorato e della pura suggestione (nel caso di Brendan Perry).
Oggi, a sedici anni dal bistrattato ma non certo pessimo “Spiritchaser” - epitaffio che segnò una deriva prettamente etnica - le due metà si ricongiungono, ed ecco tornare a brillare il marchio Dead Can Dance. Riprendendo il discorso precedente, è lecito domandarsi cosa potesse avere di nuovo da dire un duo il cui percorso pareva essere, definitivamente, un cerchio perfetto. Per rispondere, poteva essere sufficiente l'indizio di “Amnesia”, assaggio regalatoci dal duo anticipando di un mese l’uscita del nuovo disco. L'ugola di Perry, intatta e ancor più profonda, guida alla scoperta del nuovo universo sonoro prettamente “mediterraneo”, come suggerito anche dall'omaggio all'Antica Grecia del titolo: “Anastasis”.
E così i Dead Can Dance sono tornati e la loro “resurrezione” (questa la traduzione di “Anastasis” dal greco titolo dell'album) non poteva, davvero, essere più lucente di così. “Anastasis” è disco legato strettamente ai loro trascorsi ma mai autoreferenziale, l'album maturo di un duo il cui suono trae le sue coordinate da stili senza tempo, tanto quanto pare esserlo la loro musica. (http://www.ondarock.it/recensioni/2012_deadcandance_anastasis.htm). Come la flora presente nell’artwork di copertina, hanno delle radici profonde ma contemporaneamente cercano di arrivare al sole riuscendo a rinascere per l’ennesima volta. Proprio come l’anastasi greca e la resurrezione come forma di riscatto dai dolori della vita materiale (http://www.impattosonoro.it/2012/08/20/recensioni/dead-can-dance-anastasis/). Una gran sorpresa, ben oltre le più rosee aspettative, Uno tra i prodotti migliori di questo 2012. Giù il cappello!
“RADI@zioni” è un programma curato da Camillo Fasulo, Marco Greco, Antonio Marra e Angelo De Luca, realizzato con la radi@ttiva collaborazione di Rino De Cesare, Angelo Olive, Mimmo Saponaro e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì e venerdì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica “Ciccio Riccio” (www.ciccioriccio.it) di Brindisi.


MENOMENA: l'esame è superato!


RADI@zioni / Disco Hot N° 22:
MENOMENA “Moms” (2012)

Giunti al traguardo del quinto disco e ormai ridotti da trio a duo i Menomena sembrano aver trovato il loop giusto. Tra echi di Blur (pur se rimasticati), canzoni di stampo pop e a tratti sperimentali, l’album scorre comunque piacevolmente.
La band di Portland si fa apprezzare per le linee di basso poderose, gli assoli di chitarra, le incursioni di sax e le improvvise variazioni che fanno che li avvicinano all’art-rock. “Moms” è un disco da gustare poco per volta… un disco dove i Menomena ci danno prova di tutto il loro talento compositivo. L’esame è superato!
(Carmine Tateo)

Tracce consigliate:
PLUMAGE (ascolta: http://youtu.be/aSvs7tBqDVA)
CAPSULE (ascolta: http://youtu.be/n_wo_M_oSLI)
PIQUE (ascolta: http://youtu.be/8kXBmvHJrJs)


sabato 17 novembre 2012

ELBOW "Dead In The Boot": tu chiamale, se vuoi, b-sides!

ELBOW “Dead In The Boot” (Fiction, 2012) – www.elbow.co.uk

Tracklist:
1 ‘Whisper Grass’ - (‘Fallen Angel’ – V2 single release)
2 ‘Lucky With Disease’ – (‘Newborn’ – V2 single release)
3 ‘Lay Down Your Cross’ - (‘Not A Job’ – V2 CD Single)
4 ‘The Long War Shuffle’ - (‘Leaders Of The Free World’ – V2 CD Single)
5 ‘Every Bit The Little Girl’ - (‘One Day Like This’ – Fiction 7″ single)
6 ‘Love Blown Down’ - (‘Fugitive Motel’ – V2 CD Single)
7 ‘None One’ - (‘Newborn’ – Uglyman CD EP) (ascolta: http://youtu.be/tJRNt5wuzOQ)
8 ‘Lullaby’ - (‘One Day Like This’ – Fiction CD Single)
9 ‘McGreggor’ - (‘Forget Myself’ – V2 7″ single)
10 ‘Buffalo Ghosts’ - (‘Open Arms’ – Fiction 10″ Single) (ascolta: http://youtu.be/BLj7vywMPb0)
11 ‘Waving From Windows’ - (‘Grace Under Pressure’ – V2 CD Single) (ascolta: http://youtu.be/Qw-vl_Vz-ds)
12 ‘Snowball’ - (From ‘Help – A Day In The Life’ – Warchild album release) (ascolta: http://youtu.be/LpCw3RGdlKE)
13 ‘Gentle As’ - (‘Leaders Of The Free World’ – V2 7″ single)

Il “nuovo” lavoro discografico degli Elbow, il cui titolo è “Dead In The Boot”, non è esattamente un disco di inediti in senso stretto, bensì una raccolta di 13 brani rimasti, per un motivo o per un altro, a margine della discografia della band inglese. Attenzione, però, perché questi presunti “scarti” sono stati ri-arrangiati e trattati “come se facessero parte di un nuovo album”: questo fanno intendere Guy Garvey e soci nel comunicato stampa che accompagna il disco, il cui acquisto è disponibile nei consueti formati Cd, doppio vinile o digital download (http://store.universal-music.co.uk/restofworld/artist/elbow/icat/elbow). Per i fans degli Elbow su Facebook c’è stata, nelle scorse settimane, una ulteriore sorpresa: Guy si è divertito a commentare ogni brano di questo disco, che è accompagnato da un teaser video, tramite i ricordi legati alla genesi piuttosto che alla registrazione dello stesso (http://www.shiverwebzine.com/2012/08/28/elbow-tu-chiamale-se-vuoi-b-sides/).
“Dead In The Boot” raccoglie, quindi, 13 rari brani degli Elbow originariamente pubblicati su CD singoli, 7” ed EP in vinile. È un’uscita che traccia una storia “alternativa” della band dagli inizi, partendo da “None One” (dall’EP “Newborn” del 2000), sino a “Buffalo Ghosts”, inedito inserito nella limited edition in vinile 10” del singolo “Open Arms” pubblicato nello scorso aprile di quest’anno (http://www.discoclub65.it/prossime-uscite-menuright-79/4903-elbow-dead-in-the-boot.html).
Accompagnando l’uscita di questo album, Guy Garvey, voce degli Elbow, ha dichiarato: “Abbiamo sempre amato le B-sides e nessuna di esse è da considerarsi uno scarto. Hanno tutte uno spazio differente e generalmente sono nate in tempi diversi dopo l’uscita di ogni album, quando i componenti della band erano più rilassati e liberi di comporre senza l’assillo di dover rispettare tempi e impegni intrapresi. Alcune di queste canzoni sono le nostre preferite in assoluto. Era importante per noi che questa collezione diventasse un album vero e proprio. Forse a qualche fan sembrerà che ci siano delle omissioni, ma assicuriamo che non è proprio così. Queste sono canzoni perfettamente legate tra loro”. Ecco spiegato, in sintesi, “Dead In the Boot”, compilation che non sfigura affatto di fronte a nessuna delle uscite ufficiali della band di Manchester. Ci si ritrova tutta la scrittura articolata di Garvey e soci (“Whisper Grass”, “Every Bit The Little Girl”, “Snowball”, la meravigliosa “Buffalo Ghosts” etc.): un suono colto e solenne, tra Talk Talk, post rock, Robert Wyatt, Radiohead e primissimi Genesis. Consigliatissimo non solo ai fans degli Elbow (Rossano Lo Mele, RUMORE #250 – Novembre 2012).
… Si diceva poco più su che “le canzoni raccolte in questa uscita sono state descritte dalla stessa band come tra le loro preferite in assoluto”. È facile capirne il perché: trattasi di materiale quasi sempre all’altezza di quello più noto, nella scrittura come nelle idee messe in campo. E, visto che stiamo trattando di una delle più significative e interessanti formazioni britanniche degli ultimi tre lustri, è dire molto! Una testimonianza tra le più concrete, sia del tentativo di Guy Garvey e soci di ampliare i confini del pop-rock chitarristico, sia dei buoni risultati ottenuti (Aurelio Pasini, MUCCHIO #699, Ottobre 2012).
“RADI@zioni” è un programma curato da Camillo Fasulo, Marco Greco, Antonio Marra e Angelo De Luca, realizzato con la radi@ttiva collaborazione di Rino De Cesare, Angelo Olive, Mimmo Saponaro e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì e venerdì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica “Ciccio Riccio” (www.ciccioriccio.it) di Brindisi.


mercoledì 7 novembre 2012

BLOC PARTY: Voglia di rimettersi in gioco!

RADI@zioni / Disco Hot N° 21:
BLOC PARTY “Four” (2012)
Sono passati ben sette anni da quando i Bloc Party irruppero sulla scena musicale inglese ed internazionale. Era infatti il 2005 quando uscì “Silent Alarm” che imperversò per lungo tempo in tutti i club (quelli di un certo tipo s’intende) e nelle radio trendy. Da lì in poi, con i successivi lavori hanno cambiato più volte faccia con una velocità quasi disarmante passando dallo scoppiettante prologo ad un declinante epilogo fatto di pastrocchi sentimentaloni e di vuoti sperimentalismi elettronici, incluso l’album da solista del cantante Kele Okereke. Visto il prolungato silenzio (il precedente studio album targato Bloc Party, “Intimacy”, risale al 2008, non dimentichiamolo!) molti li avevano ormai dati per spacciati… Poi, lo scorso 20 agosto, ecco l’annuncio che aspettavamo: i Bloc Party tornano con un nuovo album, il 4° della loro discografia… si intitola semplicemente “Four”!
Kele e soci hanno saputo farsi perdonare le brutte figure delle predenti uscite e dopo ben due passi falsi sono stati capaci di inanellare una serie di nuovi brani contraddistinti da continue variazioni di tempo, chitarre indie, ritmi ballerini e ritornelli catchy… ed è subito Inghilterra! È per tutte queste ragioni che “Four” può dirsi un buon album in cui “voglia di rimettersi in gioco e qualità del prodotto” si legano benissimo dando nuovamente vigore ad una delle migliori band inglesi dei nostri giorni. Non siamo ai livelli dell’esordio “Silent Alarm”, non tutto brilla in “Four”, ma comunque noi diciamo “bentornati Bloc Party”! A questo punto a voi il verdetto finale…
(Carmine Tateo)

Tracce consigliate:
OCTOPUS (ascolta: http://youtu.be/TkeUFRK4i7w)
DAY FOUR (ascolta: http://youtu.be/Nzn8V0j3HQE)
COLISEUM (ascolta: http://youtu.be/HWTFHcT4zwo)


sabato 3 novembre 2012

TESTAMENT: non sono una promessa non mantenuta, sono soltanto una meravigliosa ma purtroppo ignoratissima realtà!

TESTAMENT “Dark Roots Of Earth” (Nuclear Blast, 2012) – www.testamentlegions.com

Tracklist:
1. Rise Up (ascolta: www.youtube.com/watch?v=LYpetFYWD8w)
2. Native Blood
3. Dark Roots Of Earth (ascolta: www.youtube.com/watch?v=qwdkmxDLFak)
4.
True American Hate (ascolta: www.youtube.com/watch?v=WAkpZ8ZENIs&feature=relmfu)
5. A Day In The Death
6. Cold Embrace
7. Man Kills Mankind
8. Throne Of Thorns (ascolta: www.youtube.com/watch?v=q4rRKmcmeZw&feature=relmfu)
9. Last Stand For Independence

Quattro lunghi anni sono passati dall’uscita di “The Formation Of Damnation”, l’album del ritorno sulle scene dei Testament in formazione quasi originale, con il reintegro del figliol prodigo Alex Skolnick e di Greg Christian, dopo circa nove anni dal precedente “The Gathering”. Una gestazione, allora, quasi interminabile e piuttosto snervante, che in parte si è ripetuta anche per il decimo full-length del combo statunitense, “Dark Roots Of Earth”: disco annunciato già dallo scorso anno e più volte rimandato (http://www.truemetal.it/reviews.php?op=albumreview&id=10903).
Senza dubbio i Testament sono una delle band più amate del classic thrash, forse solo un gradino sotto i più grandi e un nuovo album dopo ben quattro anni d’attesa è forse l’unica proposta musicale in grado di ravvivare l’attenzione del pubblico metal in un’annata tutto sommato abbastanza apatica. Presentato attraverso una lunga trafila promozionale, “Dark Roots Of Earth” è ora disponibile anche nel formato cd fisico nei negozi e dopo tanto penare poter ascoltare l’album intero ha quasi un effetto liberatorio. Il primo elemento a colpire è, senza discussione, la qualità straordinaria della produzione: pulita e martellante. In esso sarà possibile ritrovare tutti quegli elementi che rendono un disco thrash moderno e completo, fatto però conservando le caratteristiche tipiche della band e un fondo di orecchiabilità che non guasta mai. Come dire… un centro pieno! (http://www.metallus.it/recensioni/dark-roots-of-earth/).
Nelle nove tracce, tutte egregiamente arrangiate, troverete sia il caratteristico thrash degli esordi che parti semi-melodiche, ma anche frazioni death/groove: un caleidoscopio sonoro nel complesso gradevole. La prestazione dei singoli musicisti, poi, è da brividi, in particolare da applausi quella del corpulento Chuck Billy che ha dovuto dare fondo a tutte le sue doti canore passando dal growl di matrice death ad uno stile più melodico e malinconico e, soprattutto, è da incorniciare la micidiale prova alle pelli di Gene Hoglan (già con i Testament in passato) chiamato a sostituire il convalescente Paul Bostaph. “Dark Roots Of Earth”, dotato di un artwork molto bello curato da Eliran Kantor, è una delle release migliori uscite quest’anno in campo thrash, complice anche l’ottimo lavoro in sede di produzione svolto da Andy Sneap. Non presenta canzoni trascendentali (secondo me le migliori restano “Rise Up” e soprattutto “True American Hate”), ma si fa apprezzare dall’inizio alla fine (elemento non trascurabile se considero la noia che a tratti mi assale ascoltando gli ultimi lavori dei Megadeth o dei Fear Factory) (http://www.metallized.it/recensione.php?id=7467).
I Testament sono da sempre un oggetto di culto e una band che in fondo ha sbagliato poco, in maniera meno clamorosa rispetto ad altri celebri colleghi. Però in alcune fasi della carriera, sembrava una band che avesse realizzato un album d’esordio gigantesco e che non si fosse più ripetuta a quei livelli. Soprattutto nel periodo tra “Souls of Black” e “The Ritual”, albums tutto sommato di livello medio/scarso, con i quali il gruppo cercò di rinnovare la propria proposta e nello stesso tempo di aumentare la base dei fan. Non funzionò per niente e la risalita fu lenta e difficile, soprattutto in quegli anni dove la “flanella” ed il Death Metal lasciavano pochissimo spazio ad altro. Dopo l’esperimento di “Demonic”, la rinascita avvenne con un disco troppo bello per essere vero, suonato da una formazione da sogno: “The Gathering”. La malattia di Chuck Billy fermò di nuovo il processo di rinascita ma fortunatamente, dopo la guarigione del gigantesco cantante, il gruppo tornò in studio con una formazione stabile, praticamente quella degli esordi, con in più il micidiale Paul Bostaph alla batteria. Nuovo discone, ma di nuovo guai per la line-up con Bostaph fermo a causa di un infortunio. E passano altri quattro anni, ma finalmente ci siamo, “Dark Roots of Earth” è il disco che scioglie ogni dubbio: i Testament non sono una promessa non mantenuta, sono una meravigliosa ma purtroppo ignoratissima realtà! Un album da acquistare ed adorare senza dubbio alcuno, per uno dei gruppi che meglio ha saputo imparare dai propri errori. Insomma, bentornati, Testament! (http://rudeawakemetal.wordpress.com/2012/07/30/testament-dark-roots-of-earth/).
“RADI@zioni” è un programma curato da Camillo Fasulo, Marco Greco, Antonio Marra e Angelo De Luca, realizzato con la radi@ttiva collaborazione di Rino De Cesare, Angelo Olive, Mimmo Saponaro e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì e venerdì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica “Ciccio Riccio” (www.ciccioriccio.it) di Brindisi.


sabato 27 ottobre 2012

DINOSAUR JR. - L’estinzione, per loro, è ancora molto lontana!

DINOSAUR JR. “I Bet On Sky” (Pias, 2012) - www.dinosaurjr.com

Tracklist:
01. Don't pretend you didn't know (ASCOLTA: http://youtu.be/nB8PKWGeXpA)
02.
Watch the corners (ASCOLTA: http://youtu.be/FpsGcnLEZbk)
03.
Almost fare
04. Stick a toe in
05. Rude (ASCOLTA:
http://www.youtube.com/watch?v=0lFAbEsc05w)
06. I know it oh so well
07. Pierce the morning rain (ASCOLTA: http://youtu.be/fiBQAmjNml4)
08.
What was that
09. Recognition
10.
See it on your side (ASCOLTA: http://youtu.be/3uVJwezKBmM)

Questa recensione dovrebbe iniziare con un “riassunto delle puntate precedenti”, come si faceva una volta negli sceneggiati televisivi. Ma siamo in epoca di Google e Wikipedia, e cosi, se non siete pratici della band della quale stiamo per parlare, il consiglio è quello di andare a fare una piccola ricerca in rete, tanto per farvi un’idea. E non vi preoccupate, tanto quando sarete tornati noi saremo ancora qui! Per tutti gli altri, andiamo avanti parlando del ritorno dei Dinosaur Jr. nella loro versione 2.3, ovvero l´uscita del loro terzo album dopo la reunion della formazione originale, quella con J Mascis, Lou Barlow e Murph. Certo, se questo disco fosse un film si definirebbe “di genere”, ma nel suo genere questo è un grande disco. Infatti, lasciatisi alle spalle le velleità di successo trasversale del periodo su major label, i Dinosaur Jr. fanno le loro cose, il classico “alternative rock” a stelle e strisce, e lo fanno al meglio, gloriosamente straccione come si deve. L´album si apre alla grande con “Don´t pretend you didn´t know” e “Watch the Corners”, all´insegna del più tipico stile dolce-amaro di J Mascis, melodie geniali ed accattivanti unite ad un suono di chitarre iperdistorto e furioso che raggiunge i punti più alti nei suoi tanto celebrati assolo, come sempre epici. Nelle tracce seguenti, Mascis si concede qualche raffinatezza stilistica in brani compositivamente più ambiziosi, che regalano dinamicità al disco e si mostra generoso nei confronti del amico-nemico Lou Barlow, concedendogli persino lo spazio per due sue composizioni, “Ruin” e Recognition”. Per gli appassionati e vecchi aficionados rimane una nuova raccolta di canzoni da ascoltare, se non altro per i già citati e tanto celebrati solo di chitarra, come sempre da pelle d´oca, ma che potrebbe riservare belle sorprese anche ai più distratti o semplicemente curiosi (http://www.dlso.it/site/2012/10/09/recensione-dinosaur-jr-i-bet-on-sky/).
“I bet on sky” è un tipico disco di J Mascis e soci, con chitarre distorte in evidenza, riff potenti e sonorità tipicamente lo-fi ed è stato così descritto dalla stessa band: “La chitarra di J raggiunge il suo apice di follia su questo album, macinando riff che vi faranno innamorare, ma soprattutto scuotere la testa a più non posso. Il basso di Lou ora ha più melodia, anche se i suoi due brani in “I Bet On Sky” mantengono il ritmo più grezzo che ha spesso distinto il suo lavoro. E Murph colpisce ancora la batteria in modo così forte e duro come un wrestler professionista, con strutture apparentemente semplici che riescono a intrecciarsi perfettamente con le esplosioni melodiche dei suoi compagni” (http://www.rockol.it/vetrina-7908/Dinosaur-Jr.-I-BET-ON-SKY).
Quando ascolti un disco dei Dinosaur Jr sai già cosa aspettarti. Volume da sordità permanente indipendentemente dal tipo di pezzo, talmente alto che cuffie o casse che dir si voglia implorano pietà singhiozzando. Riff mostruosi e l’inconfondibile voce di J. che canta come se volesse ipnotizzarti o farti un incantesimo, incalzata dal basso di Lou Barlow e dalla batteria di Murph. In questo, “I Bet On Sky” non è diverso dai predecessori. Riprendono da dove avevano lasciato, i Dinosauri, riannodando i fili di “Farm”, uscito ormai quattro anni fa. Solo che stavolta i pezzi non sono stati scelti esclusivamente pensando a come potevano essere suonati in concerto, ma con una maggiore libertà creativa. I soliti cari Dinosaur Jr., insomma, spiegazzati dal tempo, ma senza punti né virgole, che non tradiscono mai e nel bene e nel male ti danno sempre ciò che sei venuto a cercare. Una sicurezza per tutti i fans, nuovi o di vecchia data. Sembrano proprio essere riusciti a farcela, questi Dinosauri: l’estinzione per loro è ancora molto lontana. Ne riparliamo tra qualche millennio e altri milioni di dischi (http://www.indieforbunnies.com/2012/09/24/dinosaur-jr-i-bet-on-sky/).
“I Bet On Sky” è un lavoro più di mestiere che non di ispirazione, ma questo non è mai necessariamente un male, certo non quando gli artigiani si chiamano Dinosaur Jr., in grado di dimostrare una volta di più quanto una lunga carriera non debba necessariamente avere strascichi patetici. Se poi ascoltando le dieci nuove tracce ci si ritrovasse a vagare indietro nel tempo, al sound di “Freak Scene” ed “Out There”, ciò risulterà un’attestazione di modernità stilistica, piuttosto che inconcludenza da auto-plagio. Mille volte meglio i Dinosaur Jr. che suonano per l’ennesima volta come sé stessi, piuttosto che rincorrere in maniera ridicola e forzata le mode del momento. Ve li immaginereste J, Lou e Murph agitarsi su monocordi drone-rock, oppure dedicarsi alle ultime frontiere dell’alt-electronic? Teniamoceli come sono, ci conviene così! (http://www.ondarock.it/recensioni/2012_dinosaurjr_ibetonsky.htm).
“RADI@zioni” è un programma curato da Camillo Fasulo, Marco Greco, Antonio Marra e Angelo De Luca, realizzato con la radi@ttiva collaborazione di Rino De Cesare, Angelo Olive, Mimmo Saponaro e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì e venerdì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica “Ciccio Riccio” (www.ciccioriccio.it) di Brindisi.


SKUNK ANANSIE: melodico e suadente ma anche aggressivo e rabbioso il loro ritorno!

RADI@zioni / Disco Hot N° 20:
SKUNK ANANSIE “Black Traffic” (2012)

Uscito lo scorso 25 settembre, “Black Traffic” è il 3° album dopo la reunion del 2009. Il quartetto inglese questa volta ha optato per una produzione del tutto indipendente. Dietro la consolle ha operato Chris Sheldon, già dietro ai suoni dei Foo Fighters, dei Pixies e Biffy Clyro.
“Black Traffic” non si discosta poi molto dai precedenti lavori ma rappresenta in qualche modo una presa di coscienza. Registrato tra Los Angeles e Londra e realizzato nell’arco di un anno e mezzo, si presenta molto veloce e vibrante. L’energia espressa è rimasta inalterata, solo i toni sono un po’ cambiati, ma la sostanza è quella. Skunk Anansie sono pronti per il tour mondiale che li porterà in novembre anche su suolo italico…
(Carmine Tateo)

Tracce consigliate:
I BELIEVED IN YOU (ASCOLTA: http://youtu.be/IqLDgaVzhes)
SAD SAD SAD (ASCOLTA: http://youtu.be/WD6ub1vnrVY)
I HOPE YOU GET TO MEET YOUR HERO (ASCOLTA: http://youtu.be/Wr1v-TU5beo)


giovedì 18 ottobre 2012

CALEXICO - "Algiers" è un’opera affascinante, commovente e a tratti drammatica!

CALEXICO “Algiers” (City Slang, 2012) – www.casadecalexico.com

Tracklist:
01. Epic (ascolta: http://youtu.be/9d_O7YzLnIk)
02. Splitter (ascolta: http://youtu.be/RwgjMfi1YF8
 
03. Sinner in the sea
04. Fortune teller
05. Para
06. Algiers (ascolta: http://youtu.be/lUWEgv4Us98)
07. Maybe on monday
08. Puerto
09. Better and better
10. No te vayas
11. Hush (ascolta: http://youtu.be/zzgF4Y8pXXQ)
12. 
The vanishing mind (ascolta: http://youtu.be/9kPMvWsuKG8

Un giorno ci piacerebbe che i Calexico volassero davvero in Algeria per fare un disco. Magari registrandolo in una vecchia camera d’hotel, traendo ispirazione dai rituali da narghilè all’aperto e con un mucchio di strumenti portati in dono dai tuareg del deserto. Non sarebbe male! Per il momento però accontentiamoci del fatto che quell’”Algiers” che titola il loro ritorno sia solo il nome di un quartiere di New Orleans (Louisiana). Quindi niente Algeri e niente Africa, ma “solo” New Orleans, si fa per dire… Perché da Tucson (Arizona), dal deserto, dalle scorribande su terra rossa, a questa profumatissima (e rinata) baia della East Coast, il passo è notevole! (http://www.ilcibicida.com/recensioni/calexico-algiers/).
Joey Burns e John Convertino scoprono il mare e lo celebrano con le belle onde stilizzate sulla copertina di “Algiers”. Un disco brillante, arioso, spumeggiante, dalle belle colorazioni. E i Calexico, da quest’altro versante degli Stati Uniti, si divertono un casino col pop: pezzi “leggeri”, sincopati, con le trombe a fare irruzione al momento giusto. Attenzione però, non è che la band si sia dimenticata delle proprie origini. L’Arizona che si nutre della terra messicana, il pueblo, i bambini che indossano berretti da baseball mentre giocano a palla e le madri che preparano burrito per mariti impegnati a vedere il super bowl, sono sempre lì nell’immaginario del duo di Tucson. Si parte da “Epic” con fiati, cori, pianoforti, a cui poi si aggiunge l’euforia di “Splitter”. Ma… il mare, si diceva… Si sente il mare in questo nuovo disco dei Calexico. Si sente nei risucchi di una conchiglia folk come “Hush”, si sente in un messaggio custodito in bottiglia come “The Vanishing Mind”. Perché il mare, si sa, è l’ultima speranza di ogni uomo, perché offre sempre un orizzonte per fantasticare. E poi unisce tutti, senza distinzione! (http://www.ilcibicida.com/recensioni/calexico-algiers/).
Ogni album dei Calexico sposta impercettibilmente in avanti le frontiere dell'immaginazione pur rimanendo, in apparenza, fermo sul posto perchè ogni album dei Calexico aggiunge sempre nuove sfumature ai pensieri, nuovi capitoli di una storia in progress. L'ultimo “Algiers” arriva a quattro anni di distanza da “Come To Dust” e teletrasporta immediatamente nell'omonimo quartiere di New Orleans, simbolo universale di forza orgogliosa e di resistenza ad ogni possibile e terribile avversità, uragani compresi. (http://www.freequency.it/recensioni/3190/calexico-algiers-anti-records/).
“Algiers” è uno dei dischi più belli dei Calexico, considerando lo standard medio dei loro ultimi lavori. È un’opera affascinante e commovente, a tratti drammatica, che senza grossi scossoni evolutivi, ripropone il loro stile e la loro capacità assoluta di coinvolgimento. È stata una sorpresa perché non ci si aspettava di ritrovare Joey Burns e John Convertino in questa splendida forma. La versione deluxe del disco contiene un secondo cd, “Spiritoso”, che è un concerto che i Calexico hanno tenuto con la Symphonic Orchestra sia a Vienna che a Potsdam. Non ci sono solo brani della vecchia produzione in questo “live”, ma anche una buona manciata di quelli nuovi, che sotto una diversa luce regalano spesso sensazioni diverse da “Algiers” (http://www.myword.it/rock/reviews/5858).
Il ritorno dei Calexico con questo nuovo disco è davvero una gran bella notizia per chi ama la musica alternativa di qualità. Un’occasione per apprezzare, ancora una volta, le infinite sfaccettature sonore di questa band che dalle polverose strade del deserto dell’Arizona ha saputo in un paio di lustri affermarsi a livello internazionale grazie anche a grandi collaborazioni ma, soprattutto, alla poliedrica creatività dei due leader Burns & Convertino. Ritroviamo in esso tutte le dinamiche della loro musica che passa agilmente dal country al jazz e dal latino a reminiscenze morriconiane. Molto presto sarà anche possibile apprezzare dal vivo la band in due prestigiosi club che ospitano da sempre band alternative di qualità: il 13 Novembre all’Alcatraz di Milano e il 14 Novembre all’Estragon di Bologna (http://www.concertionline.com/concerti-alternative/concerti-calexico-a-milano-e-bologna-il-grande-ritorno-del-western-mariachi-sound/).
“RADI@zioni” è un programma curato da Camillo Fasulo, Marco Greco, Antonio Marra e Angelo De Luca, realizzato con la radi@ttiva collaborazione di Rino De Cesare, Angelo Olive, Mimmo Saponaro e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì e venerdì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica “Ciccio Riccio” (www.ciccioriccio.it) di Brindisi.


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