sabato 4 giugno 2011

BILL CALLAHAN: “Apocalypse” è un luogo ove pochi artisti sono in grado di giungere

Bill Callahan “Apocalypse” (Drag City, 2011) www.dragcity.com/artists/bill-callahan

Tracklist: 
01. Drover
02. Baby's Breath
03. America!
04. Universal Applicant
05. Running For The Feeling
06. Free's
07. One Fine Morning

Con “Apocalypse” è stato amore a primo ascolto e a prima vista. A prima vista perché affascina l’immagine di copertina del cd: una montagna incantata e diabolica rivelatasi essere, per la cronaca, il Mule Ears Peak sito in Texas in un dipinto di Paul Ryan. A primissimo ascolto invece, perché la voce di Bill Callahan, con le dovute proporzioni e profondità ricorda quella dell’imprescindibile fuorilegge solitario Johnny Cash. Una voce che amplifica e moltiplica le emozioni, tanto imponente da rendere le pause e i silenzi parti integranti delle composizioni. Sette canzoni, sette affreschi. Canzoni dalla lunghezza poco radiofonica che si prendono tutto il tempo che necessitano per svolgere al meglio le storie raccontate, canzoni che vanno gustate e seguite con i testi sotto mano per poterne apprezzare la prosa oltre che la precisa struttura musicale. (www.rockol.it)
Piacerebbe evitare il solito elenco, giudicare invece il disco nel suo complesso ed elogiarlo per la sua ormai usuale raffinatezza, ma sarebbe un peccato tacere dell'incedere dritto e solenne delle chitarre che portano a trionfo la timbrica inconfondibile del nostro in “Drover”, così come non si può non menzionare i singulti delle stesse in “Baby's Breath”: è un dittico di apertura in cui subito traspare il consueto gran gusto nel pensare canzoni come fossero suite. I crescendo, gli stacchi, le accelerazioni improvvise, i cambi di tempo: tutto è organizzato alla perfezione, come se la musica fosse la colonna sonora di un film la cui trama è enunciata nelle liriche, sempre ispiratissime. A mettere il punto su queste progressioni interviene dunque il quasi-funk di “America!”, all'insegna di un groove pressoché costante ma disturbato da riff di chitarra che sporcano tutto come nelle migliori pagine dell'indie-rock anni ’90: è l'apice del disco, già ora tra i brani più eccitanti del 2011. (www.sentireascoltare.com)
Di contro alla morbida densità sperimentata negli arrangiamenti di archi e fiati e nel tono dolcemente malinconico del disco precedente, qua il linguaggio, pur nella sua essenzialità, appare disarticolato, espressionisticamente scomposto. A cucire e dare unità è la voce di Callahan, fulcro emotivo e stilistico che riconduce i vari elementi sparsi del suo folk non ortodosso a un'unità di significato. I colori della tradizione sono mescolati per creare qualcosa che non è tradizionale ma risulta comunque familiare. È il suono di un mondo interiore che concilia gli opposti, ricompone fratture e crea armonia dalla tensione. La precedente raccolta, “Sometimes I Wish We Were An Eagle” (2009), era stata definita, da certa critica, opera di transizione, di passaggio. “Apocalypse” mostra che il punto di (momentaneo) arrivo è un luogo ove pochi artisti sono in grado di giungere. (www.rootshighway.it)
(Rino De Cesare)


a cura di: Camillo “RADI@zioni” Fasulo


“RADI@zioni” è un programma curato da Camillo Fasulo, Marco Greco, Antonio Marra e Angelo De Luca, con la radi@ttiva collaborazione di Rino De Cesare, Angelo Olive e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì e venerdì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica Ciccio Riccio www.ciccioriccio.it di Brindisi.



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