venerdì 23 agosto 2013

WIRE: maestri inconfondibili di un’arte immortale e fuori dal tempo, autori di un lirismo onirico screziato di psichedelia dai colori freddi.


WIRE “Change Becomes Us” (Pink Flag, 2013) – www.pinkflag.com

Tracklist:
01. Doubles & Trebles - 3:50 (guarda/ascolta: http://youtu.be/9TUJzK6Mqis)
02.
Keep Exhaling - 1:39
03. Adore Your Island - 2:45
04. Re-Invent Your Second Wheel - 3:45
05. Stealth Of A Stork -1:54
(guarda/ascolta: http://youtu.be/VTmO4Javppc)
06. B/W Silence - 4:40
07.
Time Lock Fog - 5:45 (guarda/ascolta: http://youtu.be/tZ7_U5uFlpw)
08.
Magic Bullet - 3:41
09. Eels Sang - 2:15
10. Love Bends - 4:01
(guarda/ascolta: http://youtu.be/XSGfeBcIpwg)
11. As We Go - 4:36
12. & Much Besides - 6:12
13. Attractive Space - 3:33
(guarda/ascolta: http://youtu.be/QoIcWN3B-3U)

“Change Becomes Us” è il quarto album pubblicato dagli Wire dopo la reunion del 2004. Secondo quanto affermato dagli stessi membri della band, le 13 tracce che fanno parte del disco furono composte durante il biennio 1979/80, dopo la pubblicazione dell’album “154”, ma non furono mai incise a causa del primo scioglimento della band. Ora, dopo oltre 30 anni, il gruppo ha ripreso tali brani (in molti casi, stando alle parole del frontman Colin Newman, si trattava di abbozzi incompleti, più che di vere e proprie canzoni) cercando di adeguarne il suono all'epoca attuale. “Change Becomes Us” ha ricevuto recensioni prevalentemente positive da parte della critica specializzata. Il principale motivo di apprezzamento dell'album è la capacità del gruppo di raggiungere un giusto equilibrio tra l'energia post-punk degli esordi e lo sperimentalismo della maturità. Tra le critiche negative va ricordata quella di Ondarock.it, che ha assegnato a “Change Becomes Us” un punteggio di 5,5 affermando che il recupero di pezzi inediti risalenti a circa 30 anni fa sia una sconfitta artistica per un gruppo avanguardista come gli Wire (Wikipedia).
Ma la classe non è acqua, bensì una questione innata che col passare del tempo non si affievolisce. Specie se ad averla, quella classe, sono band storiche come gli Wire e se gli anni passati cominciano ad essere tanti, nello specifico 30 abbondanti. “Change Becomes Us” è infatti, come già detto, una raccolta di vecchio materiale opportunamente revisionato e risistemato per l'occasione. Ne esce, paradossalmente, un album omogeneo, molto più vicino, com'è ovvio che sia, alle ultime pubblicazioni della ennesima nuova fase della band inglese: mature, posate, meno urgenti e abrasive, eppure sempre godibili da ascoltare e molto più a fuoco rispetto ai più recenti nuovi lavori post rientro. Dunque, per esprimere un giudizio sul valore di “Change Becomes Us”, vale da che prospettiva lo si guarda: se si prende come il volume finale di una tetralogia mai conclusa si rimarrà per lo meno perplessi, se invece ci si confronterà pacificati col passare del tempo e col conseguente ammorbidimento generalizzato allora ci si ritroverà davanti a un ottimo (ma anche inoffensivo) disco di rock di classe. Come a dire: a ognuno il suo! (www.sentireascoltare.com/recensione/11473/wire-change-becomes-us.html).
Il grandissimo potenziale di questa band è sicuramente quello di essere continuamente riuscita a non ripetersi. Qualcosa che va oltre l’essere degli innovatori. Gli Wire usano la musica come una pasta modellante a cui di volta in volta far assumere forma e consistenza diversa ed hanno dalla loro una immaginazione dilagante, una inquietudine ispirativa mai affievolita e, soprattutto, un senso dell’estetica raffinatissimo. Si muovono a loro agio sia nella sperimentazione più estemporanea che nel cesellare con maniacalità e purismo assoluto l’essenza cristallina ed eterea della perfetta melodia pop. Sono attivi dal 1976, hanno attraversato epoche di incredibili cambiamenti di mode e generi musicali, eppure sembrano collocarsi in un oltre indefinito, in una dimensione che sovrasta la catalogazione o che la rende immediatamente superata se applicata al loro caso. Escludendo le numerose raccolte, live, EP e antologie “Change Becomes Us” è il loro tredicesimo lavoro da studio sulla lunga distanza. Per riassumere: vi si coglie più l’irruenza arty e astratta di “Pink Flag” piuttosto che l’ombrosità quasi decadente di “Chairs Missing”, volendo assumere a paragone due loro opere seminali. Ma, d’altro canto, dopo oltre sette lustri di esperienza, questa non può che apparire la virata più sana e più equilibrata che gli si possa chiedere. Si riprendono in parte i calibratissimi equilibri e le levigature del magistrale 3° album “154” (1979) ma di fatto rompono gli agganci con “Read & Burn”, quel sublime EP che ne aveva segnato il ritorno in scena circa 10 anni fa. Gli Wire non ritornano mai sui loro passi. Appartengono al divenire. Hanno sempre il loro asso nella manica da sfoderare con la loro classe innata (www.distorsioni.net/canali/dischi/change-become-us).
“RADI@zioni/N.R.G.” è un programma ideato da Camillo Fasulo e realizzato con la radi@ttiva collaborazione di Gabriella Trastevere, Mimmo Saponaro e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica “Ciccio Riccio” (www.ciccioriccio.it) di Brindisi.


domenica 11 agosto 2013

THE KNIFE: dalla Svezia l’invettiva pop contro il capitalismo!


THE KNIFE “Shaking The Habitual” (Rabid, 2013) – www.theknife.net

Tracklist:
01. A Tooth for an Eye (guarda/ascolta: http://youtu.be/W10F0ezCTIQ)
02. Full of Fire (guarda/ascolta: http://youtu.be/DoH6k6eIUS4)
03. A Cherry on Top
04. Without You My Life Would Be Boring (guarda/ascolta: http://youtu.be/OXZRfgrorjc)
05. Wrap Your Arms Around Me
06. Crake
07. Old Dreams Waiting to Be Realized
08. Raging Lung
09. Networking
10. Oryx
11. Stay Out Here
12. Fracking Fluid Injection
13. Ready To Lose (guarda/ascolta: http://youtu.be/Rn5q6FgIOeQ)


"Il benessere, piuttosto che la povertà, è il vero problema per la società". Così i The Knife criticano il mondo contemporaneo nel nuovo album. Olof Dreijer e Karin Dreijer Anderson sono fratello e sorella, si fanno chiamare The Knife e vengono da Stoccolma, Svezia. La loro omonima opera prima vedeva la luce nel 1999. Ora, 14 anni dopo quell’esordio e con altri 2 album alle spalle pubblicati tra il 2003 e il 2006, tornano sulle scene con “Shaking The Habitual”, uscito sul finire dello scorso aprile per la loro etichetta “Rabid Records”, che rappresenta ancora una volta un passo avanti nella costruzione di un’estetica musicale assolutamente particolare. La scena musicale nordeuropea, da sempre molto florida, ha conosciuto negli ultimi 10 anni il successo mondiale grazie proprio a gruppi quali gli stessi The Knife, a Röyksopp, Kings Of Convenience, Fever Ray (side-project di Karin) e molti altri. Al di là delle tipicità del suono del duo di Stoccolma, che mischia gelido pop, beat elettronici ed elementi d’avanguardia, la vera particolarità dell’amalgama dei The Knife è insita nel retroterra politico ed ideologico che traspare dai loro lavori. L’elemento della critica sociale è colonna portante dei loro testi e diventa espressione di un disagio diffuso. E “Shaking The Habitual” nasce proprio, lo si legge nelle loro interviste, “dalla necessità di riuscire a studiare più a fondo socialismo, ideali femministi e i loro problemi correlati”. Il risultato è, nemmeno a dirlo, un monolite di oltre un’ora e mezza di pura sperimentazione sonora. Si passa dalle atmosfere techno-claustrofobiche del singolo di lancio “Full Of Fire”, ai tribalismi di “With You My Life Would Be Boring”, fino ai 19 minuti di “Old Dreams Waiting To Be Realized”. I testi, ispirati dagli inni politici degli anni ’70, sono caratterizzati dalla critica nei confronti della società, come spiega infatti Karin: “Il diritto di scrivere la storia è stato tolto a moltissime persone. Alle donne, per esempio, ma anche al sottoproletariato e alla classe operaia” (www.ilfattoquotidiano.it/2013/05/01/the-knife-e-shaking-the-habitual-dalla-svezia-linvettiva-pop-contro-capitalismo/575058/).
I due schizzano un po' a destra e a manca, sia nel ritmo, sia nelle presunte e poche "melodie", sovrapponendo agilmente le loro deviazioni elettroniche senza intaccare la resa e l'insieme reso perennemente mutevole e discordante. “Shaking The Habitual” è in definitiva un disco che dividerà formalmente tutti coloro che seguono il duo fin dalle origini, deludendo sicuramente chi si aspetta una maggiore fruibilità melodica e una pulsazione più lineare, ma emozionando quella fetta di ascoltatori disposta a seguire qualsiasi rotta intrapresa dagli svedesi. L’intrigante viaggio musicale della coppia più bizzarra dell’elettronica scandinava procede dunque a gonfie vele, e senza cedere a fermate accomodanti prive di una qualsiasi identità artistica (www.ondarock.it/recensioni/2013_knife_shakingthehabitual.htm).
In un mondo fatto di influenze, di rimandi, di citazioni, quando non proprio di revival spudorato, i Knife sono tra i pochissimi gruppi che non solo non somigliano a nessuno, ma non sono neppure mai stati imitati da nessuno e dopo oltre una decade di attività, si candidano nell’olimpo dei binomi sacri dell’elettronica, insieme a Daft Punk, Chemical Brothers, Boards of Canada, Air e compagnia bella. I Knife sbalordiscono critica e pubblico con un suono inconfondibile, eppure in costante evoluzione. Partiti con i pulsanti sogni adolescenziali raccolti nell’eponimo album di debuttoThe Knife”, i fratellini Dreijer diedero voce ai ventenni tristi e ribelli di “Deep Cuts”, li fecero crescere nella rabbia gelida di “Silent Shout, e invecchiare nella dolorosa ribellione dell’ultima prova, “Shaking The Habitual”. I video che accompagnano i singoli “Full Of Fire” e “A Tooth For An Eye” puntano il dito sul conformismo sessuale e sull’ipocrisia delle politiche sociali. Insomma un disco sovversivo, e se non vi sentite altrettanto sovversivi, non vi piacerà. Ancora una volta, però, la musica dei The Knife riesce a toccare il cuore come un coltello “molto affilato”. Impossibile restare indifferenti (www.ondarock.it/elettronica/knife.htm).


“RADI@zioni/N.R.G.” è un programma ideato da Camillo Fasulo e realizzato con la radi@ttiva collaborazione di Gabriella Trastevere, Mimmo Saponaro e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica “Ciccio Riccio” (www.ciccioriccio.it) di Brindisi.


sabato 10 agosto 2013

DAFT PUNK: il nuovo lavoro non cambierà la storia della musica ma sembra già destinato a diventare disco dell'anno!


RADI@zioni / Disco Hot N° 15:
DAFT PUNK “Random Access Memories” (2013)
… Un disco che potrebbe battere tutti i record di vendita ma anche di recensioni contrastanti… e, nei fatti, c’è chi ne parla male e chi invece stravede per “Random Access Memories”.
“Random Access Memories”, nei primi quattro giorni di pubblicazione, nel Regno Unito ha venduto 165 mila copie, mentre negli States è arrivato a 340 mila copie, diventando così l’album più velocemente venduto dell’anno. Anche in Italia è entrato nella classifica delle vendite direttamente al 1° posto
Molti dei loro brani sono stati spesso associati a campagne pubblicitarie di enorme richiamo e forse, proprio per questo, sono anche così odiati…
Dentro il disco vi sono celebrati due dei principali creatori della cosiddetta “disco music” in persona: Giorgio Moroder e Nile Rodgers. Quindi, se non si apprezzano le sonorità anni ’70 / ’80, difficilmente potrà piacervi.
I Daft Punk hanno sempre realizzato dischi diversi tra loro anche perché hanno lasciato passare parecchio tempo tra un’uscita e l’altra, riuscendo così a spiazzare l’ascoltatore. Ma, tutto sommato, “Random Access Memories” non stravolge, non scapiglia al primo ascolto e non fa gridare al miracolo. È un disco che avrebbe potuto fare chiunque… Sarà per caso che proprio per questo è uno dei più ascoltati e ballati del momento? Abbiamo 5 o 6 anni per cambiare giudizio!
(Carmine Tateo)

Tracce consigliate:
GIVE LIFE BACK TO MUSIC (guarda/ascolta: http://youtu.be/9OlDcAZxGiE)
FRAGMENTS OF TIME (guarda/ascolta: http://youtu.be/d44uHiB9CCA)
DOIN’ IT RIGHT (guarda/ascolta: http://youtu.be/8W4ooVNr82U)


sabato 3 agosto 2013

MUDHONEY: dopo 25 anni eccoci qui di nuovo con un altro buonissimo album … alla Mudhoney!


MUDHONEY “Vanishing Point” (Sub Pop, 2013) – www.mudhoneyonline.com




Tracklist:
01. Slipping Away (guarda/ascolta: http://youtu.be/OZ5hmpRW1mM)
02. I Like It Small (guarda/ascolta: http://youtu.be/7511NXJNV8o)
03. What To Do With The Neutral (guarda/ascolta: http://youtu.be/v4QQffxB7Ps)
04. Chardonnay
05. The Final Course
06. In This Rubber Tomb
07. I Don’t Remember You
08. The Only Son Of The Widow From Nain (guarda/ascolta: http://youtu.be/az2JAhGqWuw)
09. Sing This Song Of Joy (guarda/ascolta: http://youtu.be/R4aIEbzKZiE)
10. Douchebags On Parade


Dall’ascolto dei 10 pezzi di cui è composto “Vanishing Point” esce una band che non dimostra affatto i 25 anni che si porta sulle spalle. Una band che, anzi, sembra essere particolarmente in palla. Stiamo parlando dei Mudhoney (gli stessi di “Touch me I’m sick”, anche se con qualche capello bianco in più) e del loro nuovo lavoro in studio. Un disco punk, alternative e hardcore (un tempo lo avremmo definito “grunge”!), sorprendentemente agile per tutti i poco più di trentacinque minuti della sua durata. Mark Arm, Steve Turner, Dan Peters e Guy Maddison sono tornati in studio a cinque anni di distanza da “The Lucky Ones”, il tempo più lungo in assoluto mai intercorso tra due pubblicazioni della formazione di Seattle. Un tempo però necessario per assemblare un’opera dalle fondamenta estremamente solide, un disco suonato da un gruppo ormai pienamente maturo e, soprattutto, sempre più consapevole della propria identità. In “Vanishing Point”, in estrema sintesi, ci sono i Mudhoney che (divertendosi parecchio) fanno i Mudhoney: grezzi, diretti, senza compromessi, innamorati di Hendrix (molto) e degli Stooges (se possibile ancora di più). I Mudhoney che, agli inizi, probabilmente nessuno si sarebbe mai aspettato potessero durare così a lungo; forse, se glielo chiedessimo, nemmeno loro stessi. Eppure, 25 anni dopo, eccoci qui, di nuovo, con in mano un buonissimo album… neanche a dirlo… alla Mudhoney! (http://www.rockol.it/vetrina-8211/mudhoney-vanishing-point).
Tirando le somme di una carriera così lunga, la vicenda del quartetto di Seattle appare perfettamente parallela a quella della casa discografica Sub Pop con cui, tra divisioni e ritorni di fiamma, ha compiuto lo stesso cammino da sensazione underground al boom degli anni '90. Ma non siamo qui per ribadire quanto erano urticanti e felicemente creativi i primi reperti vinilici di questa inossidabile band, ma per constatare che la maturità non l'ha ancora imborghesita. “Vanishing Point” è esattamente quello che da loro ci si poteva e doveva aspettare. Difficile chiedere di più, se non che rendano sul palco, come hanno dimostrato di recente di saper ancora fare (http://www.sentireascoltare.com/recensione/11456/mudhoney-vanishing-point.html).
Rieccoli tonici e cattivi come da copione in quella che dovrebbe essere la loro nona uscita sulla lunga distanza (se escludiamo una miriade di mini album, EP e varie rarità). Il tempo passa per tutti, è vero, ma con questa compagine di adorabili canaglie sembra essere assai più clemente che nei riguardi di numerosi colleghi della stessa scena di riferimento. Nell’ostinazione di chi ha sempre creduto in ciò che faceva, onestamente, anche senza mai puntare troppo in alto ma restando fedele al proprio credo estetico e a una certa filosofia musicale, va ricercato il certificato ultimo della loro purezza (http://www.ondarock.it/recensioni/2013_mudhoney_vanishingpoint.htm).
Meritano rispetto, i Mudhoney. Rispetto per quello che hanno fatto, per quello che fanno e per quello che, ne siamo sicuri, ancora faranno. Ma soprattutto meritano rispetto perché sono riusciti a creare un album mettendo insieme la passione e il divertimento dei ragazzini e la confusione, la complessa ironia degli adulti. Di chi sa che la vita non è tutta da ridere ma che proprio per questo bisogna apprezzare ogni sorriso e riconoscere l’importanza delle piccole cose, come dice convinto Mark Arm in “I Like It Small” (http://www.indieforbunnies.com/2013/04/08/mudhoney-vanishing-point/).

Da questo link sarà possible ascoltare l’intero album: www.youtube.com/watch?v=wl8evbBPtqw

“RADI@zioni/N.R.G.” è un programma ideato da Camillo Fasulo e realizzato con la radi@ttiva collaborazione di Gabriella Trastevere, Mimmo Saponaro e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica “Ciccio Riccio” (www.ciccioriccio.it) di Brindisi.


CANSEI DE SER SEXY: senza mezzi termini “disco di transizione”… ma comunque “disco caldo”!


RADI@zioni / Disco Hot N° 14:
CANSEI DE SER SEXY “Planta” (2013)
Qualcuno non avrebbe scommesso un euro che dopo 7 anni le Cansei De Ser Sexy (C.S.S. per gli amici) sarebbero state ancora attive e, addirittura, avrebbero pure pubblicato un 4° album.
C’è ancora un discreto interesse nei loro confronti, ma tira aria di cambiamento per la band. Intanto il batterista Adriano Cintra, co-fondatore della band assieme alla cantante LoveFoxx, ha abbandonato dopo l’uscita del precedente album “La Liberacion”. Questo ha inciso non poco sulla lavorazione del nuovo disco, infatti si sente che manca un po’ di grinta. Per sopperire alla mancanza di un “vero” batterista è stato adottato un suono più elettronico, più anni ’80.
Prodotto da Dave Sitek dei Tv On the Radio, “Planta”, nell’ascolto complessivo, lascia dell’amaro in bocca risultando anche meno accattivante, meno melodico e meno istantaneo rispetto ai precedenti 3 dischi della band. Lo definirei senza mezzi termini “disco di transizione”… ma comunque “disco caldo”!
(Carmine Tateo)

Tracce consigliate:
HONEY (guarda/ascolta: http://youtu.be/yPUjQdefDtA)
DYNAMITE (guarda/ascolta: http://youtu.be/zkH3OAyq2k0)
TEENAGE TIGER CAT (guarda/ascolta: http://youtu.be/IBLLegdRxR0)

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