domenica 31 luglio 2011

SYMPHONY X: un'importante uscita in ambito prog-metal in questo primo scorcio di 2011

SYMPHONY X “Iconoclast” (Nuclear Blast / Warner Music, 2011)
www.symphonyx.com

Tracklist:
01. Iconoclast
02. The End Of Innocence
03. Dehumanized
04. Bastards Of The Machine
05. Heretic
06. Children Of A Faceless God
07. Electric Messiah
08. Prometheus (I Am Alive)
09. When All Is Lost


Vero e proprio punto di riferimento a livello mondiale per quanto riguarda il progressive metal di matrice neoclassica, i Symphony X sono uno dei pochi big della scena musicale odierna - almeno per quanto concerne il genere - a non aver mai tradito le attese, confermandosi di volta in volta come un nome su cui poter puntare praticamente ad occhi chiusi. Dall'alto di una discografia giunta ormai all'8° capitolo in studio, la band guidata dal chitarrista Michael Romeo è infatti sempre riuscita, nel corso degli anni, ad assestarsi su standard qualitativi estremamente elevati distinguendosi per una proposta musicale, magari non sempre varia, ma in ogni caso assolutamente valida e personale. È quindi un gruppo reduce da un trend ampiamente positivo quello che, dopo 4 lunghi anni di silenzio, dà alle stampe questo “Iconoclast”, 8° full length targato Symphony X, pubblicato nello scorso giugno tramite Nuclear Blast Records. Un lavoro che ci offre una manciata di brani di ottima fattura, decisamente avvincenti e supportati inoltre da una produzione che risulta ottima praticamente su tutta la linea. 9 sono le tracce che lo compongono, per un minutaggio complessivo di poco più di 60’ di durata. Impeccabile sotto il profilo strumentale, ottimo a livello di songwriting, questo nuovo lavoro può sicuramente essere considerato una delle uscite più importanti in ambito prog-metal in questo primo scorcio di 2011 e pur non essendo un capolavoro, si rivela essere un disco estremamente ispirato, forse in alcuni tratti un po' troppo monolitico, ma in ogni caso prodigo di emozioni e assolutamente piacevole da ascoltare. Insomma, un altro centro per Michael Romeo e soci, che si riconfermano ancora una volta un'autentica garanzia di qualità. (http://truemetal.it/reviews.php?op=albumreview&id=9914)
Iconoclast è un disco duro, cupo, livido. Riflette il concept sul quale è basato - la lotta uomo/macchina - e, a quattro anni di distanza dal predecessore “Paradise Lost“, conferma la svolta più metallica della band statunitense. Forse, in questo generale indurimento del sound dei Nostri, c’entra anche il passaggio d’etichetta dalla squisitamente progressiva InsideOut a quella che è ormai può essere considerata una major per il metal: la Nuclear Blast. Fatto sta che i Symphony X del 2011 picchiano duro e senza sconti. Ovviamente non ci troviamo di fronte a una nuova versione degli Slayer. Il prog-power del gruppo è sempre chiaro e inconfondibile, così come le tastiere di Michael Pinnella continuano a svolgere la loro indispensabile funzione di sottolineare alcuni fra i passaggi più atmosferici dell’opera. Eppure è un dato di fatto: l’aggressività inconsueta che mostra l’ugola di Russell Allen, ai limiti del growl, così come i riff sciorinati dalla sei corde di Michael Romeo sono a volte ai limiti del thrash, mentre il tandem ritmico Jason Rullo / Michael LePond pigia costantemente sull’acceleratore. In breve, “Iconoclast” è sicuramente un disco più che valido: i Symphony X dimostrano tutta la loro classe e bravura, componendo l’ennesima opera che farà la gioia di tutti gli estimatori del metal più raffinato. (http://www.outune.net/dischi/hard/symphony-x-iconoclast/21850)
Segnaliamo infine che di “Iconoclast” è stata pubblicata, oltre alla versione standard qui recensita, anche un'edizione digipack con 2 cd e artwork differente, contenente 3 brani completamente inediti, e che lo stesso Romeo non ha esitato a definire la vera versione dell’album, tagliata nell’edizione standard per motivi esclusivamente commerciali.
“RADI@zioni” è un programma curato da Camillo Fasulo, Marco Greco, Antonio Marra e Angelo De Luca, con la radi@ttiva collaborazione di Rino De Cesare, Angelo Olive e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì e venerdì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica Ciccio Riccio di Brindisi – www.ciccioriccio.it


venerdì 22 luglio 2011

TAHITI 80: onore ai tanti anni di attività

TAHITI 80 “The Past, The Present & The Possible” (2011)

Attivi fin dal 1993 e giunti con questo al loro 6° album i TAHITI 80 risultano del tutto sconosciuti al grande pubblico… ma ci siamo qua noi, pronti a rimediare…
Sono stati gli autori della colonna sonora per il videogame “FIFA 2006”… Sono un progetto semplice: chitarre, batteria, tastiere e programming synth vari, buoni ritmi e ritornelli easy il cui unico fine è quello di catturare l’ascolto per divertire. Musicalmente parlando non c’è nulla di nuovo da scoprire, ma il pop dei TAHITI 80 è semplicemente del buon pop, paragonabile a quello di tante canzoni/ballate dei ben più famosi Blur. Mi pare giusto rivolger loro la giusta attenzione, se non altro per render onore ai tanti anni di attività…

(a cura di Carmine Tateo - carmine.taty@live.it)


RADIOHEAD: un linguaggio essenzialmente nuovo ed originale

Radiohead “The King Of Limbs” (Autoproduzione, 2011) – www.radiohead.com

Tracklist:
1. Bloom
2. Morning Mr Magpie
3. Little By Little
4. Feral
5. Lotus Flower
6. Codex
7. Give Up The Ghost
8. Separator


Dai recessi della campagna del Wiltshire è arrivato un nuovo re: “The King Of Limbs”. E sembrerebbe anche tempo per nuovi baronetti in terra britannica perché nell’era di Twitter, Facebook e dei download gratuiti o meno, possono bastare le folle globali a incoronare i Radiohead come l’unica band ad imporsi con inossidabile credibilità su scala mondiale dai tempi dei Beatles. Il credito di una band si costruisce non già e non solo grazie ad “un” disco ma attraverso un percorso coerente, alla capacità di veicolare un messaggio che va spesso oltre la musica. I Radiohead non si esauriscono per questo in una sterile disputa mediatica sulla durata di “The King Of Limbs” ma meritano il riconoscimento di un percorso di sperimentazione musicale e di sfida alla stessa produzione e distribuzione discografica nell’era del consumo di massa. Confermano anche un’attitudine tipicamente britannica, una dicotomia assolutamente anglosassone che se da un lato àncora le bands ad una copiosa tradizione, dall’altro esprime il desiderio di scardinarne i punti fermi con forza iconoclasta, sviluppando concezioni musicali innovative, generando fermento e nuovi modelli al limite della rivoluzione culturale. In questo senso “The King Of Limbs” riconferma la capacità espressiva di una band che seppure ripiegata verso territori non convenzionali continua a far parlare di sé con un’intensità ed una partecipazione senza precedenti. (www.indieforbunnies.com)
Il percorso e la storia dei Radiohead, la loro evoluzione e la loro trasformazione li ha portati a concepire un linguaggio essenzialmente nuovo ed originale, tanto riconoscibile quanto inimitabile, una sorta di muro portante della musica contemporanea, un vero e proprio dizionario di significati e significanti del rock, del pop e dell’avanguardia insieme. In tale contesto, le immancabili critiche su Twitter, i “non sono più rivoluzionari” su Facebook, i “non sembrano neanche canzoni” e “non sembrano neanche loro” nei commenti, fanno quantomeno sorridere. Come se avesse senso chiedere la rivoluzione a chi è di fatto la rivoluzione. E poi, è vero, i Radiohead non fanno canzoni. O almeno, “The King Of Limbs” sembra confermare questo assioma, con otto pezzi che sono monoliti di un formato imprendibile e inarrivabile: non-canzoni, fatte di non-strofe e non-ritornelli, ma che sono un amalgama incredibile di sonorità apparentemente ignote, melodie che sono l’archetipo di una nuova forma d’arte, di un non-luogo della musica in bilico tra il pop, l’avanguardia, il jazz e la vita vera. Perché i soldi e la popolarità si fanno comunque con le canzoni, e far passare certe non-canzoni per meravigliose canzoni è pura genialità. “The King Of Limbs” è un disco che osa, semina luce e raccoglie arcobaleni, sperimenta così tanto e così bene con l’elettronica che alla fine sembra un altro semplice strumento acustico, raffina arrangiamenti celestiali e senz’ombra di dubbio fuori dalle orbite comuni. Ci sono poi episodi luminosi, e altri un po’ meno, certi dotati di grande forza innovativa, e altri un po’ meno, ma che in fondo sono una libera rielaborazione della doppietta “Kid-A” e “Amnesiac” che a inizio decennio spazzò via ogni dubbio su cosa sarebbero stati gli Anni Zero. (www.impattosonoro.it)
L’ultimo capitolo “Separator” è poi un programmatico saluto, è il lasciarsi con la promessa di crederci ancora, è l’ultimo passo che diventa già il primo del nuovo cammino, è la regola della vita che in ogni disorientamento si può trovare la giusta direzione per intravedere la meta, scorgere il momento in cui saremo finalmente e del tutto svegli. Per sentire altro e poi nuovamente riaddormentarsi ancora in questo meraviglioso sogno che sono i Radiohead. (www.ilsussidiario.net) (Rino De Cesare)
“RADI@zioni” è un programma curato da Camillo Fasulo, Marco Greco, Antonio Marra e Angelo De Luca, con la radi@ttiva collaborazione di Rino De Cesare, Angelo Olive e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì e venerdì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica Ciccio Riccio di Brindisi – www.ciccioriccio.it


sabato 16 luglio 2011

SAXON: richiamo alle armi per il popolo metal

SAXON “Call To Arms” (UDR Records, 2011) – www.saxon747.com

Tracklist:
1. Hammer Of The Gods
2. Back In '79
3. Surviving Against The Odds
4. Mists Of Avalon
5. Call To Arms
6. Chasing The Bullet
7. Afterburner
8. When Doomsday Comes (Hybrid Theory)
9. No Rest For The Wicked
10. Ballad Of The Working Man
11. Call To Arms (orchestral version)



Una delle domande che è più ovvio porsi è: cosa abbia ancora da dire e che emozioni possa ancora suscitare una band che ha all’attivo quasi una ventina di album (questo è il n° 19), dopo un cammino cominciato alla fine dei ’70, sulla scia di quella che fu definita allora la New Wave of British Heavy Metal. Beh, In un mondo dove tutto cambia nell’arco di pochi anni, dove ogni certezza viene stravolta, rimangono per fortuna alcuni punti fermi su cui fare riferimento. I Saxon sono un’istituzione in ambito di metal classico, ed il loro 19° disco, “Call To Arms”, risplende radioso come una stella, quasi a voler guidare i cercatori delle sonorità più tradizionali. Basta ascoltare l’iniziale “Hammer Of The Gods” per capire che la formula stilistica di Byford e compagni non è cambiata nemmeno di una virgola rispetto a quanto fatto negli ultimi dischi, ma constatiamo con gioia che sanno fare il loro mestiere ancora dannatamente bene! Certo, capolavori come “Wheels Of Steel” o “Denim & Leather” sono solo un ricordo, ma è impossibile rimanere indifferenti di fronte a brani epici come la già citata opener o all’hard’n’heavy roccioso della nostalgica “Back In ’79” o di “Surviving Against The Odds”. Hard rock, heavy metal e tanta passione sono tutto ciò che troverete su “Call To Arms”, un disco che non pretende certo di stupire, ma che si pone come una certezza per chi non chiede altro che ascoltare un’oretta di “old school music”. Per molti i Saxon sono una band finita, basta invece assistere ad un loro concerto o ascoltare questi nuovi brani per sentire il ruggito vigoroso di una formazione in grado di incendiare i nostri cuori ancora per molti degli anni a venire. (metalitalia.com/album/saxon-call-to-arms/)
Accompagnato da una delle copertine più brutte che la musica ricordi, “Call To Arms” è, ad oggi, il miglior disco heavy del 2011. Per una volta, in pratica, hanno ragione pubblicità, presskit, interviste e - questo è veramente un caso unico! - persino le recensioni sulle riviste quando dicono che i Saxon, guidati oggi più che mai da Biff Byford, leggenda vivente del rock inglese, stiano vivendo una seconda dorata giovinezza. Oggi, a 32 anni dal debutto, i Saxon sono aristocrazia heavy metal a tutti gli effetti, e noi siamo felicissimi di celebrare dei veri guerrieri, uomini di carne e sangue come tutti noi che però sono Storia (anche se non sempre straordinaria). Biff e soci chiamano alle armi, e si spera che i fan rispondano in massa a una delle istituzioni leggendarie del metal. (www.metallized.it/recensione.php?id=5459)
Ciò che rende davvero imperdibile “Call To Arms” è l'aver raggiunto un traguardo durissimo anche solo da approcciare: coniugare l'autorevolezza stradaiola e il "sangue" della NWOBHM con sonorità e produzione più moderne, che strizzano l'occhio al classic rock. Il risultato è un disco solido, potente, nervoso e anche - perché no? - emozionante! La vena compositiva di Biff e compari, dunque, è tutt'altro che esaurita, nonostante qualcuno possa insinuare che il gruppo stia (ruffianamente?) tornando alle proprie origini; sarà, ma se il risultato è questo, che "ruffianeggino" pure, perché la qualità è sopraffina! E non va neppure sottovalutato il lavoro fatto dietro alla consolle, perché un disco così trae un buon 50% del proprio fascino dai suoni e dal feeling che solo una produzione adatta può donargli. In questo caso gli artefici della magia di “Call To Arms” sono due co-produttori: lo stesso cantante della band, Biff Byford, e un reduce della scena hard/metal inglese a cavallo tra gli ’80 e i ’90, Mr. Toby Jepson, già chitarrista/cantante dei Little Angels e poi, per un breve periodo, cantante dei Gun. Una coppia bizzarra, ma che ha funzionato alla perfezione. Insomma, è chiaro: il revival degli anni ’80 è di moda tra le metal band più giovani, ma finché ci saranno in giro dei “maturi” signori come Saxon (e Motorhead, perché no?) a sfornare dischi così, il revival sarà confinato a semplice divertissement, perché gli originali sono sempre in sella e pronti a menare mazzate… e chi se ne frega dei capelli grigi o di qualche testa rasata per nascondere la pelata. (www.rockol.it/recensione-4649/Saxon-CALL-TO-ARMS)
RADI@zioni” è un programma curato da Camillo Fasulo, Marco Greco, Antonio Marra e Angelo De Luca, con la radi@ttiva collaborazione di Rino De Cesare, Angelo Olive e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì e venerdì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica Ciccio Riccio di Brindisi – www.ciccioriccio.it.



sabato 9 luglio 2011

ARCTIC MONKEYS: nuovo album & nuovo corso "pop" per Alex Turner & soci

Arctic Monkeys “Suck It And See” (Domino, 2011)
Tracklist:
1. She’s Thunderstorms
2. Black Treacle
3. Brick By Brick
4. The Hellcat Spangled Shalalala
5. Don’t Sit Down ‘Cause I’ve Moved Your Chair
6. Library Pictures
7. All My Own Stunts
8. Reckless Serenade
9. Piledriver Waltz
10. Love Is A Laserquest
11. Suck It And See
12. That’s Where You’re Wrong

Vi ricordate degli Arctic Monkeys che ai loro concerti regalavano le proprie registrazioni e che mandavano in estasi il popolo myspaciano? Bene. E di quelli che si truccavano da pagliaccetti e con le loro chitarre fumanti infiammavano i teenager e non solo a ogni angolo della grigia albione? Bene. E di quelli che, con i capelli che ormai gli arrivavano alle spalle, partivano alla volta del deserto accompagnati dal buon Josh Homme e si davano a riffettoni Sabbathiani? Anche di questi vi ricordate? Bene, cancellate tutto! Gli Arctic Monkeys del 2011 non sono i primi, né i secondi e né i terzi di cui vagamente vi ricordate. Alex Turner and Co. son cresciuti, hanno rallentato il passo e sì, si sono avvicinati, perché no, alla parola che gli indierocker tanto odiano: POP. Eh, sì! “Suck It and See” è un disco estremamente pop, estremamente orecchiabile e non è un caso che si sia permesso di dare un calcione nel popò della “scandalosa” Lady Gaga per passarle avanti nelle classifiche U.K. (www.indieforbunnies.com).
Se “Humbug” era il punto di svolta, “Suck it And See” è sicuramente il primo capitolo di un nuovo corso, non tanto per la musica pop quanto piuttosto per gli Arctic Monkeys. Sebbene il periodo di grande lavoro, di tour ed esperienze extraconiugali potesse, in qualche misura, avere effetti negativi sul risultato di questo album, l’ascolto riesce a smentirci in pieno, presentando un prodotto di grande qualità ed ispirazione. C’è anima, c’è passione, c’è melodia e c’è rock. L’album è stato registrato a Los Angeles con la regia di James Ford e l’impegno maggiore s’è concentrato nella ricerca di una via più tipicamente live: pochi elementi aggiuntivi, niente orchestre od orpelli elettronici e totale dedizione alla strumentazione del quartetto con attenzione particolare agli arrangiamenti delle chitarre che in questo disco hanno ruoli più classici senza che il tipico up’n’back, che contraddistingue da sempre l’uso delle sei corde scimmiesche, venga scalfito. Le canzoni hanno tutte un enorme potenziale da concerto e si integreranno alla perfezione in mezzo ai classici da palco, con certi pezzi che sono delle autentiche bombe dal grande richiamo (anche) commerciale (“Reckless Serenade”, “She’s Thunderstorms”, “Suck it And See”), altri sono più chimicamente vicini alla natura dei ragazzini di ”Whatever People Say…”, ma tutti, generalmente, sono una spanna sopra la media del pop rock attuale. (http://fardrock.wordpress.com).
Danno tutti addosso alla band perché si sta lasciando affascinare da scintillanti strascichi di rock classico, ma è un fattore relativo, un puro divertissement che è fortemente ravvisabile in due sole tracce, peraltro riuscitissime, (“Brick by brick” e “Don’t sit down ’cause i’ve moved your chair”), che però si insiste a considerare come blande e prive di idee, mentre al contrario trattasi di ottime applicazioni da parte di studenti innamorati della propria materia. E bastano due pezzi un po’ su di giri a far urlare allo scandalo? Ad accusare di corruzione Josh Homme (qui ai cori su “All my own stunts”)? E allora mi spiegate perché a distanza di 14 anni, il disco più scandaloso degli U2, ovvero il “Pop” prodotto da Howie B è ancora quanto di meglio fatto dalla band nel post “Achtung baby”, cioè negli ultimi 20 anni? La verità è che oggi non sappiamo aspettare, non sappiamo concedere un repeat in più nemmeno alla nostra band preferita, perché se lo facessimo – in questo caso specifico – ci renderemmo conto che le ultime cinque canzoni di questo disco sono autentici gioielli, quanto di meglio offerto dai tempi dell’esordio. E “That’s Where You’re Wrong” vale un intero disco! (www.storiadellamusica.it). (Rino De Cesare)
“RADI@zioni” è un programma curato da Camillo Fasulo, Marco Greco, Antonio Marra e Angelo De Luca, con la radi@ttiva collaborazione di Rino De Cesare, Angelo Olive e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì e venerdì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica Ciccio Riccio di Brindisi – www.ciccioriccio.it.


CUT/COPY: tasso zuccherino decisamente fuori norma!!!

CUT/COPY “Zonoscope” (2011)

Il 3° album del quartetto australiano porta a completamento il disegno “80’s pop” sviluppato con i precedenti lavori ma la band rinuncia all’hit pronto per il consumo per fare un disco completo: un caleidoscopico pop intelligente, post moderno.
Disco non epocale ma che ascoltato nella sua interezza e freschezza verrebbe da augurarsi di avere più spesso sui piatti come sottofondo per “certe feste”. Il sound dei Cut Copy col suo piglio euforico e ammiccante strizza l’occhio al sole e all’estate… ma, occhio al diabete, qui ci sono melodie al limite dell’appiccicoso… il tasso degli zuccheri è decisamente fuori norma! Citazione a parte per la bella e stravagante copertina: le cascate del Niagara nel pieno centro di New York!
Vi ricordo che testi e scelte musicali di questo particolare frammento sono a cura di Carmine Tateo.



domenica 3 luglio 2011

THE VACCINES: una giovane band dalle ottime prospettive!

THE VACCINES
“What did you expect from the Vaccines?”
(2011)

È possibile passare in poco tempo dallo stato di perfetti sconosciuti a band dall’indie-sound più in voga del momento? La risposta è “si”! È il caso dei Vaccines con alle spalle un brevissimo singolo, “Wreckin’ Bar Ra Ra Ra”. Con la pubblicazione del 2° è arrivata l’esplosione con conseguente immediato 3° posto nelle classifiche di vendita del Regno Unito. Da qui alla pubblicazione dell’album il passo è stato ancor più breve. Registrato in sole due settimane “What did you expect from…” strizza l’occhio allo stile Libertines e Babyshambles, espone potenti linee di basso e canzoni grintose ad alto rischio “loop”. Questo esordio potrebbe rivelarsi uno degli ascolti più gradevoli nei vostri prossimi mesi… sempre che mastichiate questo tipo di sound! Sono sempre segnali positivi quelli che arrivano dal Regno Unito. Vaccines si presentano come una giovane band dalle ottime prospettive!

(a cura di Carmine Tateo, carmine.taty@live.it)

THE FEELIES: dopo 20 anni di silenzio... un futuro tutto da scrivere!

THE FEELIES Here Before” (Bar None, 2011)
www.thefeeliesweb.com
Tracklist: 
1. Nobody Knows
2. Should Be Gone
3. Again Today
4. When You Know
5. Later On
6. Way Down
7. Morning Comes
8. Change Your Mind
9. Here Before
10.
Time Is Right
11. Bluer Skies
12. On and On
13. So Far



Anche se non sono mai stati pienamente riconosciuti i loro meriti, i Feelies occupano, in termini di popolarità, un posto di prestigio in un ideale albero genealogico che possa certificare la nascita di certa New Wave. Il loro "Crazy Rhythms" si può certamente considerare tra i punti più alti toccati da una band al proprio esordio. Uscito nel 1980 conteneva un’esplosiva miscela tra il rock più colto e decadente del decennio precedente (Velvet Underground, Television, Talking Heads) e le tipiche derivazioni folk rock americane. In anni di finte reunion, quella rimessa in piedi da Bill Million e Glenn Mercer, senza puzzare di vecchio, pare ispirata pur sembrando il giusto seguito alla rottura avvenuta anni fa. Ora che l'anello mancante e di congiunzione tra passato e presente è stato aggiunto, il loro futuro è ancora tutto da scrivere! (http://enzocurelli.blogspot.com/2011/04/recensione-feelies-here-before.html)
Se vi è capitato già di leggere qualche recensione sul nuovo album dei The Feelies, probabilmente vi sarete dovuti sorbire, come minimo, un paragrafo su chi sono stati, ciò che hanno rappresentato, e… bla bla bla. Ora, visto che anche noi di “Radi@zioni” vorremmo raccontarvi del loro ritorno sulle scene dopo 20 lunghissimi anni di silenzio, scegliamo di saltare a piè pari l'ovvia introduzione e, semmai, di rimandarvi al disco chiave “Crazy Rhythms”, per altro ripubblicato di recente dalla Domino Records. Dicendo subito che “Here Before” non è un imprescindibile capolavoro, non ce la sentiamo di prendercela con una band che mettendoci la faccia si ripresenta con un onesto pop elettro-acustico di chiara matrice Velvet Underground (quelli di Loaded per intenderci), quindi pieno di melodie neanche così ovvie, e di una delicatezza ben calibrata. Il primo verso dell'album, peraltro, domanda "Is it too late to do it again?". Beh, vista la qualità media del songwriting, sembrerebbe proprio di no, perché appunto “Here Before” si fa ascoltare da cima a fondo scivolando via con leggerezza, tanto che ci si ritrova a metà corsa senza neanche accorgersene: no, non pare proprio il disco di un gruppo di ultracinquantenni! (http://www.panopticonmag.com/recensioni/rockville/1310-the-feelies-2011-here-before.html)
Altra carrozza da aggiungere al treno delle reunion, quindi! The Feelies tornano in pista, a più di 20 anni dal loro ultimo disco (se escludiamo l’esperienza dei derivativi Wake Ooloo tra il ’94 e il ’96 per Glenn Mercer e Dave Weckerman, ossia 2/4 dei Feelies) e a più di 30 dall'imprescindibile esordio “Crazy Rhythms” degli stessi Feelies, pilastro della new wave in chiave pop. Ora, nonostante una buona dose di curiosità, le aspettative che questo genere di operazioni portano con sé sono già più o meno calibrate, e si riducono nell'auspicio di un buon ascolto, con brani in grado di reggere il confronto dei vecchi fasti, e poco altro. Il che è esattamente quello che troverete in questo Here Before”, un disco pop-rock fedele al marchio Feelies, e che anzi ne rappresenta una piccola antologia. C'è la sezione ritmica up-tempo, i brani giocati su pochi riff e brevi assoli di chitarra, i coretti melodici in background come nel caso della title-track. Nel complesso si accentua la passione per il pop, con la chitarra acustica che trova più spazio e strappa applausi nella pregevole Bluer Skies”, che pare venir fuori direttamente dalla penna degli Yo La Tengo, o in Morning Comes”, ballata dal gusto 90’s sul sentiero dei migliori Gomez. Il resto dell'album (dal gusto più ottantottino) serve a ribadire l'ottima capacità di scrittura dell'accoppiata Mercer/Million, che riesce a rinverdire lo spirito punk-wave degli esordi (“Time Is Right”), a ripercorrere con successo i binari power pop (“Again Today”) e a concedersi anche alla passione per i Velvet Underground (“On And On”). Un disco che si insinua a tinte chiare e carico di un'aura positiva, rappresentando un più che gradito ritorno; certo è un po' monocorde e non riserva grandi sorprese, ma d'altronde non è qui che bisogna cercare la luna! (http://www.sentireascoltare.com/recensione/8566/feelies-the-here-before.html)


“RADI@zioni” è un programma curato da Camillo Fasulo, Marco Greco, Antonio Marra e Angelo De Luca, con la radi@ttiva collaborazione di Rino De Cesare, Angelo Olive e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì e venerdì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica Ciccio Riccio di Brindisi – www.ciccioriccio.it


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