sabato 20 dicembre 2014

SANCTUARY - Non un capolavoro, ma un eccellente test di sopravvivenza!

SANCTUARY “The Year The Sun Died” (Century Media, 2014) - www.facebook.com/sanctuaryfans/timeline

Tracklist:
01.
Arise And Purify
02.
Let The Serpent Follow Me
03. Exitium (Anthem Of The Living)
04. Question Existence Fading
05. I Am Low
06.
Frozen
07. One Final Day (Sworn To Believe)
08. The World Is Wired
09. The Dying Age
10. Ad Vitam Aeternam
11.
The Year The Sun Died
12. Waiting For The Sun (The Doors cover, ltd. edition bonus track)

Cambia il nome sulla copertina, cambia qualche elemento in formazione, ma ciò non toglie che i rinati Sanctuary siano la logica conseguenza degli ultimi Nevermore e, solo in percentuale minore, la continuazione della band che aveva inciso, all’alba degli anni ’90, il fondamentale “Into The Mirror Black”. Superata quindi la legittima diffidenza provata di fronte a questa uscita quasi a sorpresa, rimane da valutare la qualità del suo contenuto. E qui va subito detto che a far la differenza saranno più le aspettative di chi ascolta piuttosto che il lavoro svolto dai musicisti. “The Year The Sun Died” è, nei fatti, un album solido, cupo, ben calibrato ma decisamente poco innovativo, il che è probabilmente il massimo che ci si potesse aspettare dalla rifondata band di Seattle. La qualità dei musicisti è, infatti, indiscutibile così come l’unicità artistica di un interprete come Warrel Dane, ma allo stesso tempo c’è da sgombrare il campo dalla possibilità che la proposta attuale possa raggiungere la grandezza e l’importanza storica, a dire il vero difficilmente avvicinabile da chiunque, delle migliori uscite targate Nevermore, o anche del già citato capolavoro dei Sanctuary. (www.metallus.it/recensioni/recensione-the-year-the-sun-died/)
Ma, anche conservando i tratti distintivi di entrambe le band, “The Year The Sun Died” compie un ulteriore passo in avanti, finendo per essere qualcosa di nuovo rispetto a tutte e due. Il disco è bellissimo, articolato, emozionante, pieno di pathos e denso, densissimo di cambi di tempo e di atmosfera ed appare dannatamente ispirato anche se un po’ difficile da assimilare. Per molti sarà molto più facile bollarlo come “clone” dei Nevermore senza averlo ascoltato, che riuscire davvero e coglierne la mutevolezza e le infinite sottigliezze di arrangiamento. Per chi invece non fosse affatto interessato a sapere chi siano stati, in passato, i Sanctuary o i Nevermore (diretta evoluzione dei primi) e vuole solo sapere che cosa lo aspetta premuto il tasto “play”, allora diremo che “The Year The Sun Died” è un disco di power/thrash metal evoluto, pesante e complesso, moderno ma al tempo stesso dotato di un feeling senza tempo, ricco di brani oscuri e malinconici, potente ed emozionante, che presenta composizioni di livello superiore per la quasi sua interezza e nessun vero punto debole. Da avere e da ascoltare spesso, per penetrarne la mutevole essenza, per quanto assolutamente non di semplice ed immediata fruizione. Ancora una volta, band stratosferica e di gran lunga superiore a molte altre attualmente in circolazione. Se poi questo lavoro sia meglio o peggio di “Into The Mirror Black” o di un qualsiasi altro album dei Nevermore, è giusto che sia il gusto individuale a dirlo. (www.metallized.it/recensione.php?id=10932)
A farsi apprezzare largamente è, comunque, tutto ciò che rientra sotto i punti definibili “tecnici”: ottima l’esecuzione, perfetta la produzione, ma anche le idee evidenziate nelle rifiniture e negli arrangiamenti, probabilmente ancora migliorate rispetto a quanto sentito nel corso degli ultimi anni con i Nevermore. Non dubitate quindi: pur senza far gridare al capolavoro, “The Year The Sun Died” resta un disco da acquistare ad occhi chiusi! (www.metallus.it/recensioni/recensione-the-year-the-sun-died/)

“RADI@zioni/N.R.G.” è un programma ideato da Camillo Fasulo e realizzato con la radi@ttiva collaborazione di Gabriella Trastevere, Mimmo Saponaro e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica “Ciccio Riccio” (www.ciccioriccio.it) di Brindisi.


sabato 6 dicembre 2014

TV ON THE RADIO: C’è ancora vita da questa parte del rock!

TV ON THE RADIO “Seeds” (Harvest, 2014) - www.tvontheradioband.com


Tracklist:
01.
Quartz
02. Careful You
03. Could You
04. Happy Idiot
05. Test Pilot
06. Love Stained
07.
Ride
08. Right Now
09.
Winter
10. Lazerray
11. Trouble
12. Seeds


Dopo la morte nel 2011 del bassista Gerard Smith, i TV On The Radio avrebbero potuto mollare tutto. “Potevamo chiuderla lì” ha detto a Billboard il cantante Tunde Adebimpe “ed essere felici di quel che avevamo combinato”. Oppure avrebbero potuto uscirsene con un disco cupo e pensoso. E invece rieccoli con il loro album più diretto e facile. Pop, persino! È un bel modo per riemergere dal limbo d’incertezza in cui stavano rischiando di affondare.
“Seeds” ci dice di una band di musicisti che celebrano il proprio legame con una festa, o qualcosa del genere. La sua forza catartica deriva dalla prospettiva positiva, dalle melodie cantabili, dal tono insolitamente luminoso. I musicisti si sono accostati alle registrazioni con cautela, una canzone alla volta, per vedere che cosa accadeva. Hanno scoperto che era possibile fare musica senza drammi e fantasmi. Che c’è ancora vita, da questa parte del rock. (www.rockol.it/recensione-5871/tv-on-the-radio-seeds)
Se dovessi spiegare a un alieno gli anni Zero utilizzando solo tre dischi, probabilmente uno sarebbe dei TV On The Radio perché, come e più di altri, rappresentano alla perfezione il decennio in cui i confini tra i generi sono stati abbattuti, l’indie è diventato mainstream e il pop inteso come grande macchina universale del consenso ha mutato forma e contenuto fino a riscrivere completamente quelle regole che il crollo dell’industria discografica aveva reso obsolete. I TV On The Radio nascono proprio da quel contesto, dalle macerie degli anni ’90, e sono emersi proprio grazie alla loro capacità innata di percorrere strade diverse, ma tutte contemporaneamente. Perché se solo l’idea di un gruppo indie rock composto per quattro quinti da afroamericani – un gruppo che nel primo EP piazzava addirittura una cover dei Pixies – poteva sembrare rivoluzionaria, lo era ancora di più la loro proposta musicale basata sul disorientamento: post punk, disco music, chitarre garage e voce soul. Un grande, bellissimo casino!
Dopo tre album di livello sopraffino e un quarto album passato ingiustamente inosservato, i TV On The Radio provano a riprendersi il centro della scena con “Seeds” che per la prima volta prova a cristallizzare il suono dei fino a renderlo quasi un cliché, come se si trattasse di un greatest hits di soli inediti. Peccato però che l’eccitazione e l’impeto giovanile abbiano lasciato spazio a un formalismo pop che li conferma impeccabili, ma purtroppo anche meno freschi, capaci di scrivere ancora grandi canzoni, ce ne sono anche qui, ma che inevitabilmente finiscono per sprofondare nel revival. Il revival di loro stessi. (www.rollingstone.it/recensioni/tv-on-the-radio-seeds/)

“RADI@zioni/N.R.G.” è un programma ideato da Camillo Fasulo e realizzato con la radi@ttiva collaborazione di Gabriella Trastevere, Mimmo Saponaro e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica “Ciccio Riccio” (www.ciccioriccio.it) di Brindisi.


sabato 29 novembre 2014

MARK LANEGAN: luci ed ombre per un album di maniera

RADI@zioni / Disco Hot N° 19:
MARK LANEGAN “Phantom Radio” (2014)

Un altro disco di Mark Lanegan… e dopo neppure un anno dal precedente…
Mr. Lanegan, soprannominato “the voice” tra gli addetti ai lavori, sull’orlo delle 50 candeline, ha pronti dieci nuovi brani. Sono brani decisamente alla sua maniera, densi di luci ed ombre, che non scontenteranno i suoi fans, ma che neanche esalteranno oltre il dovuto.
Il disco contiene pezzi che decisamente ricreano l’atmosfera del sound “laneghiano” là dove il furore del migliore storyteller esce fuori… a parte questa fissa per l’elettronica che gli è venuta da qualche anno a questa parte. Un disco “notturno” e comunque … da gustare!
Un onesto e gradevole pot-pourri di influenze sonore differenti, un disco a metà strada tra kraut-rock e richiami anni ’80, ma ancora in grado di graffiare l’anima nei momenti più felici ed ispirati.

(A cura di Carmine Tateo)

Tracce consigliate:
DEATH TRIP TO TULSA


sabato 15 novembre 2014

LENNY KRAVITZ è tornato, e questa volta fa sul serio!

RADI@zioni / Disco Hot N° 18:
LENNY KRAVITZ “Strut” (2014)

“Strut”, il nuovo album di Lenny Kravitz è stato anticipato dal singolo “The chamber” … che non rispecchia per niente questo lavoro!
A 50 anni Kravitz si ripresenta come un rocker dalla straripante carica sessuale. Musicista padrone del linguaggio rock, tantissima voglia di fare musica al punto che preferisce suonare da se tutti gli strumenti e questo, si sa, alle volte può risultare essere un difetto. Ascoltando “Strut” è facile provare una sensazione di deja-vu. Capita di chiedersi dove si sia già sentito un certo riff o break strumentale o un frammento di melodia… come se queste canzoni fossero delle cover e non degli originali… ma nei dischi di Kravitz questo è normale…
Ad ogni ascolto quest’album convince sempre più! Certo, non sarà un capolavoro e forse non sarà neppure il suo miglior disco… ma l’importante è sapere che Lenny è in gran forma!

(A cura di Carmine Tateo)

Tracce consigliate:



venerdì 14 novembre 2014

RIOT - Coerentemente inossidabili anche di fronte all’avverso destino!

RIOT V "Unleash The Fire" (Steamhammer, 2014) – www.areyoureadytoriot.com
Tracklist:
01. Ride Hard Live Free
02. Metal Warrior
03. Fall From The Sky
04. Bring The Hammer Down
05. Unleash The Fire
06. Land Of The Rising Sun
07. Kill To Survive
08. Return Of The Outlaw
09. Immortal
10. Take Me Back
11. Fight Fight Fight
12. Until We Meet Again
13. Thundersteel (Live bonus track on japanese ltd. edition)
Non avremmo mai scommesso un centesimo sulla prosecuzione della carriera dei Riot, a causa della scomparsa del mastermind Mark Reale, sconfitto da un’emorragia cerebrale, nonché dal morbo di Crohn contro cui ha lottato per anni. Quando i restanti componenti hanno deciso di portare comunque avanti questa avventura, naturalmente avvalorata dalla benedizione della famiglia Reale, sono sorte alcune spiacevoli polemiche sollevate da alcuni fans infervorati. Questi ultimi hanno tacciato i Nostri, in maniera illegittima, di voler lucrare sul prematuro decesso del chitarrista italo-americano. Peccato che in oltre 35 anni di attività, la band abbia riscosso un successo commerciale inversamente proporzionale a quanto dimostrato sul campo, composto di una discografia densa di dischi di alta (quando non di altissima) qualità.
Lasciate quindi alle spalle le inutili e velleitarie polemiche sull’uso del nome della band, l’attuale compagine composta dal bassista Don Van Stavern, dai chitarristi Mike Flyntz e Nick Lee, dal batterista Frank Gilchriest e dal cantante Todd Michael Hall ha deciso di ribattezzare il progetto come Riot V. La nuova denominazione rappresenta semplicemente un doveroso tributo pagato nei confronti dei cinque frontmen che hanno cavalcato con risultati straordinari, ognuno con le proprie inimitabili caratteristiche, questo indomito destriero di acciaio inossidabile. Non c’era dunque titolo più appropriato per rappresentare al meglio il contenuto del quindicesimo full length rilasciato dalla band americana.
“Unleash The Fire” rappresenta la volontà dei Nostri di non desistere innanzi ad un destino avverso, tributando al contempo un ossequioso dazio nei confronti del padre fondatore Mark Reale. Difatti il disco prosegue con coerenza il discorso lasciato in sospeso tre anni fa con “Immortal Soul”, l’immediato predecessore che ha riportato le quotazioni della band ai tempi del magnifico “Thundersteel” (1988). Certo, in quest’occasione si avverte la mancanza della squillante ugola al titanio di Tony Moore, ma il buon Hall dimostra di cavarsela egregiamente anche nelle parti più impegnative. Sin dalla presenza sulla (pacchiana) copertina della simpatica mascotte Johnny, appare palese che i Riot V abbiano voluto rispettare in ogni aspetto il concept audiovisivo plasmato nel tempo dallo sfortunato leader.
I 12 episodi che costituiscono “Unleash The Fire” (13 nell’immancabile limited edition giapponese) si snodano prevalentemente attraverso una serie di violente rasoiate al calor bianco, scagliate con efferato vigore dal rapido incedere di “Ride Hard Live Free” e “Fight Fight Fight”. La regale epicità di “Fall From The Sky” dimostra che gli allievi hanno imparato alla perfezione la lezione impartita dal maestro. Gli efferati riff portanti scolpiti forgiati nel fuoco dalla title track e da “Bring The Hammer Down” sono capaci di far impallidire gli attuali ed imbolsiti Judas Priest. “Metal Warrior” invece è un roboante anthem meritevole di ricordarci ancora una volta che non è necessario assumere comportamenti pacchiani per colpire diretti al cuore del metallaro duro e puro. Gli attuali Riot si concedono anche un meritato brindisi dedicato ai bei tempi andati (“Take Me Back”), permettendosi il lusso di imbarcarsi in una lieve sbandata auto-citazionistica (“Return Of The Outlaw”). Non mancano neppure un paio di episodi meritevoli di smorzare la tensione accumulata: ci riferiamo alla piacevole ballata “Immortal”, ma soprattutto alla regale musicalità profusa dal sontuoso epilogo di “Until We Meet Again” (dedicato a Mark Reale, la cui voce si può ascoltare alla fine del brano), pregevole episodio che risveglia in noi il desiderio di veder continuare a splendere tra le stelle il nome dei Riot. Commovente! (http://metalitalia.com/album/riot-v-unleash-the-fire/)

“RADI@zioni/N.R.G.” è un programma ideato da Camillo Fasulo e realizzato con la radi@ttiva collaborazione di Gabriella Trastevere, Mimmo Saponaro e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica “Ciccio Riccio” (www.ciccioriccio.it) di Brindisi.


venerdì 7 novembre 2014

THE VAN PELT - Un album immaginario… ma non troppo!

THE VAN PELT “Imaginary Third” (La Castanya Records, 2014) - www.thevanpelt.com


Tracklist:
1. Infinite Me
2. The Threat
3. A, B, C, D’s of Fascism
4. Three People Wide At All Times
5. The Betrayal
6. Democratic Teachers Union
7. Evil High
8. The Speeding Train


Alla fine degli anni ’90 i The Van Pelt si erano sciolti lasciando incompiuto il seguito di “Sultans of Sentiment”. A distanza di tempo e di chilometri, l’etichetta indipendente catalana “La Castanya” ha raggruppato le registrazioni del biennio ’96-’97 per quello che avrebbe dovuto essere (e non è mai stato) il fatidico terzo album. Ha aggiunto inoltre alcuni mixaggi e voilà, un disco immaginato per anni è ora, pur sempre “immaginario”, come dice il titolo, ma finalmente in carne o ossa (viniliche e digitali).
“Imaginary Third” ci riporta il gruppo di Chris Leo all’incirca dove lo aveva lasciato “Sultans of Sentiment”, il secondo e finora ultimo LP di una breve carriera, vero culto come dimostra anche l’entusiasmo con cui è stata accolta la recentissima reunion. Siamo dove eravamo rimasti, in un contorto e avvincente crocevia che è anche una fertile terra di mezzo tra indie, emocore e post-rock, con un sound spigoloso e intellettuale quanto la scrittura ellittica e il tono inconfondibile di Chris Leo, oscillante tra lo scream, il canto e il recitato. Canzoni dissonanti un po’ smart casual, come nel miglior college rock, un po’ obliquamente pop e discretamente rumorose, che suonano fluide eppure abbastanza intricate anche quando giostrano semplicemente su due accordi fragorosi.
Lo si può considerare un buon mix tra i due album precedenti dei The Van Pelt, la parte sanguigna di “Stealing from Our Favorite Thieves” e quella astratta di “Sultans of Sentiment”. Da una parte il talking punk letterario di “The Threat”, il rock and roll sbilenco ma tecnico di “The Betrayal” e una specie di rockabilly contorto (“Evil High”), dall’altra le chitarre pop-noise di “Three People Wide at All Times”, e poi “The Speeding Train”, ballata post-hardcore un po’ sui generis che a pelle può ricordare l’impressionismo strumentale dei Durutti Column con una spruzzata di epica alla U2 e il soul rock degli Afghan Whigs riletti in chiave Minutemen/Fugazi. Buona parte delle canzoni sono state l’anticamera per l’album “Betrayal” della nuova band di Chris Leo, i The Lapse, appena più ruvide nell’esecuzione rispetto all’interpretazione che ne avevano dato gli stessi The Van Pelt (http://sentireascoltare.com/recensioni/van-pelt-imaginary-third/).
Ricapitolando… a vent’anni dalla formazione e a quasi 17 dallo scioglimento (esclusi quei due show-reunion del 2009), i magnifici The Van Pelt di Chris Leo danno un seguito (inaspettato) ai due capolavori che compongono una discografia miracolosa: “Stealing From Our Favorite Thieves” (1996) e “Sultans of Sentiment” (1997). Il 19 aprile di quest’anno, in occasione del Record Store Day, la piccola label catalana “La Castanya”, pubblica “Imaginary Third”, una “collezione” di brani che sarebbero dovuti finire su quel terzo album che non vide mai la luce proprio a causa dello split prematuro della formazione newyorchese. Brani dunque registrati tra il 1996 e il 1997. Le prime cinque tracce furono poi rivisitate e rielaborate per “Betrayal” il primo disco dei The Lapse, progetto immediatamente seguente ai The Van Pelt (assieme a Toko Yasuda transfuga dai Blonde Redhead), mentre gli altri tre brani vennero inseriti nel 7″ “The Speeding Train”. Oltre agli splendidi The Lapse la dissoluzione dei The Van Pelt portò, tra le altre cose, alla nascita di Vague Angels, Enon, Jets To Brazil e Butterflies of Love (http://www.nerdsattack.net/the-van-pelt-il-nuovo-album/).
Avessero proseguito la loro corsa, i The Van Pelt sarebbero andati probabilmente oltre questi pezzi. Non sarebbero diventati delle star (se “The Speeding Train” è una hit mancata, poteva esserlo comunque per un pubblico di nicchia), ma avrebbero consolidato la propria reputazione. Cosa che anche questo disco, nonostante tutto, contribuisce comunque a fare!

“RADI@zioni/N.R.G.” è un programma ideato da Camillo Fasulo e realizzato con la radi@ttiva collaborazione di Gabriella Trastevere, Mimmo Saponaro e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica “Ciccio Riccio” (www.ciccioriccio.it) di Brindisi.


sabato 1 novembre 2014

ROYAL BLOOD - Un debutto da brivido!

ROYAL BLOOD “Royal Blood” (Warner, 2014) – http://royalbloodband.com

Tracklist:
01. Out Of The Black
02. Come On Over
03. Figure It Out

04.
You Can Be So Cruel
05. Blood Hands
06. Little Monster
07. Loose Change
08. Careless
09.
Ten Tonne Skeleton
10. Better Strangers

Brighton è una bella località marittima. Si dice sia “la più amata dagli inglesi”. È situata nella costa sud del Regno Unito, a nemmeno un’ora da Londra. A un tiro di schioppo c’è anche l’idilliaca campagna del Sussex, coi suoi scenari da serial tv d’epoca. Ma poi c’è anche la tradizione legata alle sottoculture giovanili... senza perdersi in troppi discorsi e lezioni di sociologia, basti ricordare i leggendari scontri fra mods e rockers dei primi anni ’60 del novecento. E adesso, il “made in Brighton”, dà i natali anche a un duo che ha voglia di fare un bel po’ di sano rumore: del rock basilare che spazia dal garage all’indie, passando per il blues e suggestioni grunge, groove e alternative. Si sta parlando dei Royal Blood, gente che picchia durissimo e macina riffs senza tregua. Il tutto con una configurazione che porta agli estremi quanto già sperimentato dai White Stripes (tanto per fare un nome illustre). I Royal Blood, infatti, suonano utilizzando solo batteria, basso (che suona e riempie come una chitarra, grazie ad un setup particolare) e voce.
Questi due ragazzi – i loro nomi sono Mike Kerr e Ben Thatcher (proprio come la Lady di Ferro di buona memoria) – sfornano il loro album di debutto direttamente su marchio Warner: tale è stato il polverone che hanno sollevato negli ultimi 12 mesi circa, che non hanno neppure iniziato il solito percorso costellato di etichette indipendenti. No! Loro, dopo una manciata di singoli ed ep, sono arrivati a uno dei giganti della discografia. Cotto e mangiato, come si dice. Ebbene, la Warner ha avuto l’occhio lunghissimo a scritturare i Royal Blood, perché questo loro omonimo debutto è un disco che, sicuramente, è destinato ad entrare nelle playlists di tanti appassionati di rock che non amano le atmosfere troppo patinate e mainstream.
Riffs nervosi e facilmente memorizzabili, tempi tirati, ritmo serrato, voce convincente e ruvida al punto giusto... il tutto condito con un’attitudine che ancora ha il sapore dei club e degli scantinati. Se amate questo tipo di cose, provate a resistere a una “Ten tonne skeleton”, oppure all’assalto in stile Jack White di “Figure it out”. Per non parlare di “You can be so cruel”, che si avventura in territori spesso visitati dai Queens Of The Stone Age, con un risultato davvero notevole. E il brano di chiusura, con il suo incedere atipico rispetto agli altri (cadenzato, lento), aggiunge una nota distonica affascinante, al tutto: si intitola “Better strangers” e suona come se i Nirvana avessero coverizzato i Led Zeppelin avendo come ospiti d’onore i White Stripes... da brivido!
“Royal Blood” – l’album – è, a conti fatti, la riprova che con ingredienti semplici ed a volte quasi scontati, è ancora possibile fare del rock non allineato, fuori dai paletti ultra-commerciali ma (ed è un grosso “ma”) capace di essere accattivante e conquistare un pubblico più ampio delle solite nicchie di appassionati. Con un solo primo album è un po’ difficile azzardare delle previsioni, ma non ci si stupirà affatto se questi giovani finiranno, in un prossimo futuro, nell’elenco dei fuorilegge del rock’n’roll contemporaneo, insieme a Black Keys e Jack White! (http://www.rockol.it/recensione-5785/royal-blood-royal-blood)
“RADI@zioni/N.R.G.” è un programma ideato da Camillo Fasulo e realizzato con la radi@ttiva collaborazione di Gabriella Trastevere, Mimmo Saponaro e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica “Ciccio Riccio” (www.ciccioriccio.it) di Brindisi.



venerdì 17 ottobre 2014

SPOON - Un urlo contro questa società che ci succhia l’anima ogni giorno!

SPOON “They Want My Soul” (Loma Vista, 2014) - www.spoontheband.com

Tracklist:
01. Rent I Pay
02. Inside Out
03. Rainy Taxi
04. Do You
05. Knock, Knock, Knock
06. Outlier
07. They Want My Soul
08. I Just Don't Understand
09. Let Me Be Mine
10. New York Kiss

Cosa ci si può aspettare ancora da un disco degli Spoon, dopo 18 anni di carriera e 7 album in studio? Le solite cose. Una band che da “Girls Can Tell” (2001) non ha mai sbagliato un colpo, trovando magicamente il modo di sfornare album tutti allineati sullo stesso buon livello qualitativo, formando nel tempo un repertorio di canzoni che definiscono una buona fetta di ciò che l'indie-rock americano è stato negli anni ’00.

Dopo aver toccato l’apice con “Kill The Moonlight” (2002) che è la perfezione del lavoro in studio, disco che rivela nel suo minimalismo esasperato sempre nuovi particolari e dopo l’interlocutorio “Transference” (di qualche anno più tardi), che brutto non è, ma un po’ straniante nel far suonare quasi demo una band che ha sempre fatto dei tricks da studio la sua carta vincente, gli Spoon tornano al lavoro affidandosi a forze fresche: Joe Chiccarelli e Dave Fridmann, produttori che hanno collaborato con gente come Shins e Flaming Lips. Quel tipo di masters che chiami quando hai un po’ le solite idee e vuoi presentarle in una veste più attraente, più fresca. Missione compiuta, potremmo dire. Perché “They Want My Soul” è proprio un bel disco. Un ritorno alla forma che più gradito non poteva essere.

Sin dal titolo, Britt Daniel e soci lanciano un urlo contro questa società che ci succhia l’anima ogni giorno, specialmente nel mondo della musica, tra pressing forsennati e inviti al compromesso che sbucano a ogni angolo. Questo è il disco più paranoico degli Spoon, uno dei più nostalgici, sicuramente quello che rivela maggiore coscienza del loro passato come band. Sono sempre stati così poco autoreferenziali che al confronto questo album sembra quasi un diario, con quelle tipiche riflessioni che si fanno superati i 40.

E così “Rent I Pay” ingrana con quel caratteristico stomp che compare almeno una volta in ogni loro disco. A seguire arriva la raffinatissima e sensuale “Inside Out”, da ascoltare rigorosamente seguendo le immagini dell'ipnotico video. “Do You” combina di tutto con le sovrapposizioni di voci, svela una melodia solare e orecchiabile, per poi finire quasi in territorio r'n'b. Apprezzerete sicuramente l’utilizzo intensivo dei synth in “Outlier” e “New York Kiss”, o il rock più garagista della title track, o ancora i fumi noir di “Rainy Taxi” e “Knock, Knock, Knock”. Pazienza se poco di tutto ciò rappresenti il nuovo che avanza, o se nell’insieme il disco manchi di coesione. Gli Spoon ci sono ancora e nessuno sembra poterne succhiare la linfa. (http://www.ondarock.it/recensioni/2014_spoon_theywantmysoul.htm)

“RADI@zioni/N.R.G.” è un programma ideato da Camillo Fasulo e realizzato con la radi@ttiva collaborazione di Gabriella Trastevere, Mimmo Saponaro e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica “Ciccio Riccio” (www.ciccioriccio.it) di Brindisi.

JOHN GARCIA! È sempre lui il n° 1 e il deserto è sempre con lui!

RADI@zioni / Disco Hot N° 17:
JOHN GARCIA “John Garcia” (2014)

… E fu così che alla veneranda età di 43 anni, e dopo aver suonato con una infinità di band, il padrino dello stoner desertico, forte della presenza di Nick Oliveri, un tempo anche compagno d’avventure nell’esperienza Kyuss, si è deciso a realizzare il suo primo album da solista.
Sintetizzando: le 11 tracce qui contenute racchiudono una fortissima componente stoner, ma anche qualche sperimentazione orientata, in controtendenza, verso una matrice più classica. Compatto, potente e del tutto godibile, l’album non sarà un capolavoro ma ci va molto vicino. Di sicuro rappresenta, ancora una volta, la strada da percorrere, per tutti i gruppi della scena, indistintamente!
(A cura di Carmine Tateo)

Tracce consigliate:


sabato 4 ottobre 2014

CLAP YOUR HANDS SAY YEAH - Sospesi in un elegante equilibrio tra grazia e rumore!

CLAP YOUR HANDS SAY YEAH “Only Run” (autoproduzione, 2014) - http://cyhsy.com/

Tracklist:
01. As Always
02. Blameless
03. Coming Down
04. Little Moments
05. Only Run
06. Your Advice
07. Beyond Illusion
08. Impossible Request
09. Cover Up
10. Impossible Request (Alternate Version)

Istrionici rappresentati del revival new wave americano, tra i primi casi (assieme ai britannici Arctic Monkeys) di fortunata autoproduzione ed intelligente utilizzo del web, i Clap Your Hands Say Yeah, nonostante l'acclamato debutto, non hanno avuto una carriera brillante. Incastrati in una formula invecchiata troppo in fretta e ostentatamente riproposta per anni, avrebbero potuto scomparire nel nulla senza che nessuno se ne accorgesse. E invece no! A tre anni di distanza dall'ultimo “Hysterical”, i nostri tornano con un lavoro maturo e inaspettato, approdo ad un suono più elaborato e solenne, saturo di influssi “dreamy” e stratificazioni sonore. Persi per strada il chitarrista/tastierista Robbie Guertin e il bassista Tyler Sargent, la band rinasce nell'accoppiata Ounsworth-Greenhalgh: factotum il primo, valido braccio destro, nonché curatore delle parti “electro” e programmazione delle ritmiche, il secondo.
Da anarchico e avventuroso, il sound dei due sopravvissuti si scopre straordinario e, allo stesso tempo, compatto, dotato di una forte vocazione spaziale. La produzione del duo è tanto curata da contribuire ad una vera visione d'insieme: dalle parti elettroniche, ai trattamenti delle sezioni ritmiche, e fino alle chitarre sfrigolanti e sature, il suono complessivo è condensato in un elegante equilibrio tra grazia e rumore, alternando misurata enfasi e convinta auto-analisi.
La prima “As Always” inaugura come si deve questa mutazione sonora: linea di synth molto marcata, beats massicci e zuccherosi ricami chitarristici. Anche la voce di Alec Ounsworth rinuncia alle acrobazie, pur non perdendo la sua malinconica vocalità, mai sopra le righe nel contribuire all'armonia d'insieme. Si continua con l'electro-pop di “Blameless”, tanto semplice nella struttura sintetica, quanto efficace nello sviluppo melodico, passando per la scura cavalcata di “Coming Down” (che vanta come ospite d'eccezione Matt Berninger dei The National), fino a citare i Radiohead di Kid A in “Beyond Illusion” e a sfornare un vero gioiellino indie-tronico come “Impossible Request”.
Only Run è un album con una sua precisa identità, e questa è la sua più grande forza. Pezzi come “Only Run” o “Cover Up”, nelle loro rispettive inclinazioni, condividono un medesimo lirismo angosciante, un mood crepuscolare ed enfatico. L'aria che si respira nei dieci pezzi dell'album è, a suo modo, frizzante e viva. Le impressioni sono quelle di una ritrovata ragion d'essere, di cui questo album è il primo invitante frutto! http://www.storiadellamusica.it/indie_rock/indie_rock/clap_your_hands_say_yeah-only_run(autoprodotto-2014).html )

“RADI@zioni/N.R.G.” è un programma ideato da Camillo Fasulo e realizzato con la radi@ttiva collaborazione di Gabriella Trastevere, Mimmo Saponaro e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica “Ciccio Riccio” (www.ciccioriccio.it) di Brindisi.


sabato 27 settembre 2014

SLASH - Uno stile inconfondibile, indiscutibile e inimitabile!

SLASH “World On Fire” (Roadrunner Records, 2014) – http://slashonline.com

Tracklist:
01. World on Fire
02. Shadow Life
03. Automatic Overdrive
04. Wicked Stone
05. 30 Years to Life
06. Bent to Fly
07. Stone Blind
08. Too Far Gone
09. Beneath the Savage Sun
10. Withered Delilah
11. Battleground
12. Dirty Girl
13. Iris of the Storm
14. Avalon
15.
The Dissident
16.
Safari Inn
17. The Unholy

Chissà se c'è davvero ancora qualcuno, sopra i 15-16 anni di età, che non sa chi sia Slash. Dubito fortemente! Perché il chitarrista riccioluto e col cilindro ha ormai un’immagine e uno status che lo avvicinano a un brand commerciale di alto profilo e diffusione. Lo si riconosce a vista anche se non si possiede neppure un disco in cui abbia suonato... il che è già difficile: fra copie tarocche e/o originali, quante saranno le case italiane – quelle in cui si ascolta un minimo di musica – dove non sia presente almeno un esemplare di “Appetite For Destruction” o almeno uno dei due volumi di “Use Your Illusion”?
Questo nuovo disco solista rappresenta il raggiungimento di una personalità compiuta da parte di Slash (ancora insieme a Myles Kennedy and the Conspirators), che oltre a citare il suo passato nei Guns amplia il proprio spettro compositivo, alla ricerca di un sound più peculiare. Il risultato è un disco di hard & heavy meno marcatamente incline del solito al rock’n’roll stradaiolo e incendiario dal sapore vintage. Ora il baricentro tende lievemente più verso un suono moderno, spostato sul versante metal, merito (o demerito, a seconda dei punti di vista), oltre che di un approccio chitarristico che vede Slash sperimentare soluzioni per lui meno usuali, anche dei cantati di Myles Kennedy, che più che mai utilizza una vocalità non lontana da quella di un certo Bruce Dickinson.
Ma il vero trademark, il segno rivelatore, restano i ritornelli, spesso, se non sempre, alla Guns ‘n’ Roses, da cantare sotto al palco (e declamati con la tipica tonalità alla Axl, in maniera quasi scientifica... come se Kennedy avesse uno switch che attiva in presenza di un ritornello, per entrare in “modalità Axl Rose”!). E poi ci sono i solo di Slash che, per quanto basilari e obbedienti a schemi ben noti, sono sempre inconfondibili. Ha uno stile suo, indiscutibile e difficilmente imitabile.
Per certi versi si ha l’impressione che “World On Fire” sia diviso in due blocchi: uno, quello iniziale, che riprende il discorso là dove era stato interrotto col disco precedente; poi, nella seconda metà, si fanno più palpabili ed evidenti le virate metalliche, le sonorità più scure e cupe, un umore meno rock’n’roll e più alternative metal. Un disco, dunque, che non sarà epocale, ma si dimostra solido, sanguigno, sincero e ben costruito. Anche merito della registrazione: praticamente live in studio (il metodo preferito da Slash). A penalizzarlo, però, c’è il minutaggio davvero eccessivo. Dentro, infatti, ci sono ben 17 canzoni e, a tal proposito, Slash in persona sta raccontando in giro: «Tutto quello che abbiamo inciso è finito nel disco: 17 brani. C'è stato soltanto un pezzo a cui avevamo iniziato a lavorare, proprio il primissimo giorno... ma da subito abbiamo capito che non funzionava e non ne abbiamo fatto nulla. Da quel momento in poi, abbiamo tenuto tutto quello che abbiamo registrato». Insomma, 17 pezzi sono tanti e rischiano di sfiancare anche l’ascoltatore più ben disposto. Per non parlare del fatto che diluiscono eccessivamente gli episodi più forti che vengono sommersi in una marea di rock “valido”, ma non sempre e comunque esaltante (http://www.rockol.it/recensione-5799/slash-world-on-fire).
“RADI@zioni/N.R.G.” è un programma ideato da Camillo Fasulo e realizzato con la radi@ttiva collaborazione di Gabriella Trastevere, Mimmo Saponaro e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica “Ciccio Riccio” (www.ciccioriccio.it) di Brindisi.



LITTLE BARRIE - Giovani (ex) promesse del “brit-pop” in cerca di rilancio!

RADI@zioni / Disco Hot N° 16:
LITTLE BARRIE “Shadow” (2014)

… Sono in giro già da una decina di anni… Per capirci: sono più o meno in giro dall’epoca dei primi White Stripes e Kings Of Leon. Soltanto che Little Barrie sono rimasti un gruppo di nicchia nonostante la manifestata capacità di poter gareggiare allo stesso livello dei gruppi citati poc’anzi.
Oggi Little Barrie cercano di riscattarsi con il nuovo “Shadow”, 4° album che sembra ripartire dalle origini sfoggiando un sound che sa di blues rock d’impronta classica, con fremiti elettrici e chiari riferimenti seventies… Che di un ritorno alle origini si tratti è ribadito anche dalla scelta di affidarsi nuovamente a Edwyn Collins, proprio colui che li sponsorizzò e li produsse all’esordio.
Tutto sommato, pur con tutte le loro buone intenzioni, “Shadow” si segnala, come un disco di ripiego. Un ritorno interlocutorio alle specialità della casa, che non manca di destrezza tecnica e di gradevolezza, ma nemmeno pare in grado di spiegare, una volta per tutte, cosa i Little Barrie intendano fare “da grandi”.

(A cura di Carmine Tateo)
Per ascoltare l’intero album segui il link: http://littlebarrie.com/

Tracce consigliate:


venerdì 19 settembre 2014

MASTODON: Inestricabili riffs chitarristici e valanghe ritmiche orbitando attorno al sole!

MASTODON “Once More 'Round The Sun” (Reprise Records, 2014) - www.mastodonrocks.com

Tracklist:
01. Tread lightly
02. The motherload
03. High road
04. Once more ‘round the sun
05. Chimes at midnight
06. Asleep in the deep
07. Fast your eyes
08. Aunt Lisa
09. Ember city
10. Halloween
11. Diamond in the witch house


Avevamo lasciato i Mastodon, nell’autunno del 2011, con “The Hunter”, un buon album di metal/prog moderno, fortemente iniettato di alternative rock contemporaneo. Un disco che, se da una parte scontentava i fan dell’approccio più cerebrale e variegato dell’era precedente, apriva anche a una larga porzione di pubblico più propenso ad un songwriting conciso, deciso e più “rock” in senso lato.
Con “Once More ‘Round The Sun” i Mastodon dimostrano di aver preso confidenza con questo nuovo modus operandi. L’idea di andare dritti al punto, senza troppe perifrasi e giri di parole (di note, forse sarebbe meglio dire) è ancora dominante e per molti versi la band ha molto affinato quest’arte: non sono più di tre i pezzi che superano i cinque minuti in lunghezza e c’è poco spazio per intermezzi, intro o altri inserti interlocutori. Si va dritti all’osso, senza troppi salamelecchi o complimenti. Anche la sperimentazione è davvero ridotta ai minimi termini, a favore di una costruzione dei brani molto convenzionale e aderente all’estetica alternative rock & classic metal più tipica. Ma, rispetto al precedente lavoro, la vera differenza la fanno i ritornelli e i riff, ancora più riusciti, a presa rapida... roba che ti rimane facilmente in testa.
Quindi “Once More ‘Round The Sun” è, senza dubbio, il passo evolutivo immediatamente successivo a “The Hunter”: in pratica, la presa di coscienza e l’acquisizione della piena consapevolezza nell’utilizzare nuovi mezzi espressivi. E, con molta probabilità, non ha neppure troppo senso preoccuparsi del confronto col passato più prog/sludge/metal dei Mastodon, perché sarebbe semplicemente poco sensato... Certo, è lecito esprimere un’eventuale preferenza, ma l’anima dei nostri, almeno in questo preciso momento storico, è questa. Che piaccia o no. Diversa, ma coerente. Se proprio vogliamo analizzare questo nuovo album – ma in fondo sappiamo che l’esame al microscopio, almeno per la musica, purtroppo spesso porta alla sterilità e alla gelida uccisione del feeling – non possiamo esimerci dal notare come per molti versi possa essere accostato a un’ipotetica versione modernizzata e aggiornata al 2014 di quei colossi che furono i Thin Lizzy del mai troppo compianto Phil Lynott (e lasciate perdere tutto quello che è venuto dopo di lui... no Phil, no Lizzy: punto e basta!). Quindi classicità hard e alternative metal moderno, ma dosati con sensibilità e mestiere.
Vogliamo trovare a ogni costo un difetto in questa uscita? Non è uno sport particolarmente divertente, a essere sinceri, ma ecco: se proprio si deve muovere un appunto ai Mastodon, per questo nuovo lavoro, potremmo tranquillamente affermare che sorprendono meno del solito. Sia chiaro: i brani sono di qualità superiore e facilmente lasciano indietro i competitor nell’arena dell’alternative metal contemporaneo, però con loro eravamo abituati a essere spiazzati. Ma le abitudini non sono per forza il faro migliore da seguire, quindi prendiamo “Once More ‘Round The Sun” per quello che è: un ottimo lavoro che facilmente allargherà gli orizzonti di pubblico dei Mastodon ancora di più. Con buona pace della dietrologia a ogni costo. (www.rockol.it/recensione-5736/mastodon-once-more-round-the-sun)


“RADI@zioni/N.R.G.” è un programma ideato da Camillo Fasulo e realizzato con la radi@ttiva collaborazione di Gabriella Trastevere, Mimmo Saponaro e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica “Ciccio Riccio” (www.ciccioriccio.it) di Brindisi.


venerdì 29 agosto 2014

URIAH HEEP - Ritorno in grande stile per delle autentiche leggende del rock inglese!

Uriah Heep “Outsider” (Frontiers, 2014) – www.uriah-heep.com

TRACKLIST:
01. Speed Of Sound
02. One Minute
03. The Law
04. The Outsider
05. Rock The Foundation
06. Is Anybody Gonna Help Me?
07. Looking At You
08. Can’t Take That Away
09.
Jesse
10. Kiss The Rainbow
11. Say Goodbye

I leggendari Uriah Heep sono ritornati nei negozi il 6 giugno scorso con un loro nuovo album, “Outsider”, affidandosi, ancora una volta, al made in Italy di prestigio della Frontiers Records.
Le leggende sono nuovamente in città, ed ecco che l’hard rock vero, quello puro e incontaminato, trova nuova linfa e ragione d’esistere ancora oggi, più di quaranta anni dopo la sua nascita. E così, gli Uriah Heep si riconfermano punte di diamante di questo movimento musicale, e “Outsider” ha il sapore di un nuovo grande lavoro, da incorniciare nella discografia perfetta di questi giganti (http://www.melodicrock.it/2014/06/uriah-heep-outsider-recensione/).
Intramontabili, inossidabili e chi più ne ha più ne metta! Proprio come il classico sano hard rock che continuano a suonare. La produzione, affidata a Mike Paxman, non cerca di modernizzare una virgola, quanto piuttosto di restituire atmosfere che appartengono alla decade in cui gli Uriah Heep hanno cominciato, quella degli anni ’70. L’album numero 24 dell’onorata carriera della band segna l’ingresso del bassista Dave Rimmer (già con Zodiac Mindwarp), che sostituisce lo scomparso Trevor Bolder. Notevole la copertina, opera di Igor Morski, che contribuisce con efficacia a portarci senza troppi giri di parole nel mondo musicale perfettamente riconoscibile dipinto dagli Uriah Heep.
Niente fronzoli, si parte con “Speed Of Sound” in perfetto Heep-style: hard rock classico, ottimo senso della melodia senza per questo risultare levigati o laccati, Mick Box e soci continuano a dar voce ad una concezione della musica genuina e sincera, senza preoccuparsi minimamente delle mode.
L’hammond crea un contesto magico per la successiva “One Minute”, uno dei pezzi migliori dell’album, brano che curiosamente ricorda pure gli UFO, altra band dell’epoca che non sembra volerne sapere di invecchiare. E per fortuna! La grinta di Bernie Shaw e i caratteristici cori celestiali accompagnano la ruvida “The Law”, prima dell’epica e ficcante title track, anche questa uno dei passaggi migliori della release (http://www.metallus.it/recensioni/recensione-the-outsider/).
Un disco di sostanza, insomma, che non potrà non essere apprezzato dagli storici seguaci del gruppo né dai neofiti dell’ultima generazione, affacciatisi all’universo hard rock da pochi scampoli di tempo.
Certo, un nome come quello degli Uriah Heep è un “affare di cuore” riservato per lo più ai molti sostenitori della vecchia guardia, eppure, chiunque si porrà all’ascolto di “Outsider” non potrà che ricavarne l’unanime impressione di un buonissimo album. Non eccelso, forse, ma comunque del tutto degno di una storia lunga, gloriosa e rispettabile come quella di Mick Box e della sua grande band! (http://www.truemetal.it/cont/articolo/outsider/70513/1.html).

“RADI@zioni/N.R.G.” è un programma ideato da Camillo Fasulo e realizzato con la radi@ttiva collaborazione di Gabriella Trastevere, Mimmo Saponaro e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica “Ciccio Riccio” (www.ciccioriccio.it) di Brindisi.


DISCLAIMER

1) Questo blog, a carattere puramente amatoriale, non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità, in base alla disponibilità del materiale inviatomi e/o auto-fornito.

2) Questo blog non ha richiesto contributi pubblici e non ha fini di lucro. Pertanto, non può essere considerato, in alcun modo, un prodotto editoriale
ai sensi della legge 07.03.2001, n. 62.
Ad oggi questo blog non presenta alcuna sponsorizzazione o affiliazione pubblicitaria, dunque al momento è da ritenersi un’opera totalmente no profit.

3)Copyright:
Alcune delle immagini contenute in questo blog sono prese in buona fede dal web. Se tuttavia dovessero sorgere dei problemi di carattere "autorizzativo" è sufficiente comunicarlo e tali immagini saranno rimosse.
E’ permesso citare parti tratte dal blog esclusivamente a condizione che si riporti un link con scritto:
Tratto da: www.camillofasulo.blogspot.com (con link attivo, cioè cliccabile alla pagina/foto).
Se contenuti o immagini violano diritti di terze parti saranno immediatamente rimossi dopo segnalazione.
Tutti i contenuti sono originali, salvo i casi in cui è espressamente indicata altra fonte.

4) Responsabilità:

Data la natura esclusivamente amatoriale del sito, non vi è alcuna forma di garanzia sull’esattezza e la completezza delle informazioni riportate, tuttavia si cercherà sempre di verificare i fatti riportati e si resta a completa disposizione per correzioni e rettifiche.

Potrà essere richiesta la rimozione totale o parziale del materiale ritenuto inappropriato e/o una eventuale rettifica inviando una e-mail a cfasulo@libero.it oppure a radiazioni@ciccioriccio.it.

Tutto il materiale presente nel blog (testi e immagini) è pubblicato a solo scopo divulgativo, senza fini di lucro (lo conferma la mancanza di link-pubblicità commerciale).

5) Queste condizioni sono soggette a modifica, senza alcuna forma ben definita di preavviso, vi invitiamo dunque a verificarne i contenuti con una certa frequenza.