sabato 22 ottobre 2011

THE LOW ANTHEM - Un album per nostalgici sognatori in cerca di un rifugio dalla frenetica e caotica quotidianità del nostro mondo

The Low Anthem “Smart Flesh” (Nonesuch, 2011) – www.thelowanthem.com

Tracklist:
1. Ghost Woman Blues (video http://youtu.be/Vpadm5i_CKU)
2. Apothecary Love (video http://youtu.be/fW3khY7Lk8g)
3. Boeing 737
4. Love And Altar
5. Matter Of Time
6. Wire
7. Burn (video http://youtu.be/eeqB3meJpxU)
8. Hey, All You Hippies
9. Ill Take Out Your Ashes
10. Golden Cattle (video http://youtu.be/o_lWVV6PtHs)
11. Smart Flesh

La musica dei Low Anthem si colloca in quella terra di mezzo tra country, folk, blues e gospel che già in passato artisti come Bob Dylan e soprattutto The Band hanno ampiamente esplorato. In effetti, a voler essere puntigliosi, in "Smart Flesh" di novità non ce ne sono. Nonostante ciò, la musica del quartetto di stanza a Providence, Rhode Island, è ben lungi dal suonare come la copia sbiadita di certi capolavori di Mr. Zimmerman o di Robbie Robertson: in queste 11 tracce, il fuoco sacro dell'ispirazione, corroborato da una creatività genuina, arde potente ed avvolge l'ascoltatore col suo calore. Le partiture composte sono percorse da una sorta di malinconico e disperato languore, che si esprime in forme umili, dimesse, in ballate che suonano desolate, essenziali, nonostante, tuttavia, esse vantino arrangiamenti finemente intarsiati, in cui il lavoro di chitarre, basso e batteria è arricchito da discreti quanto preziosi interventi di clarinetti, harmonium, organi, pianoforti, scacciapensieri, accordion, armoniche, corni, seghe musicali, nipple gong e fiddle. L'arte dei The Low Anthem è povera solo in apparenza: il suo ostentato retromodernismo è quanto di più postmoderno ci sia, giacché esso è il veicolo attraverso il quale Miller e Prystowsky (i fondatori della band) si riappropriano dello Zeitgeist, dello spirito di un'epoca (la fine degli anni Sessanta), piegandone poi il sound ad una personale rilettura, che non può ovviamente esimersi dal fare i conti con le più recenti avventure in questo campo, dai Fleet Foxes ad Iron & Wine (www.labottegadihamlin.it).
Un elemento fondamentale per capire pienamente la musica di “Smart Flesh”, che può risultare meno immediata al primo ascolto rispetto ai due dischi precedenti, è la scelta del luogo di registrazione. Tra fine 2009 ed inizio 2010, infatti, i Low Anthem si sono trasferiti in una fabbrica di conserve abbandonata da tempo ed in quegli spazi immensi e vuoti di cemento armato hanno registrato una serie di sessioni dalle quali sono derivate 7 delle 11 canzoni del nuovo album. Questa scelta di trovare un luogo in cui potere modellare un suono senza la purezza artificiale dello studio di registrazione permea l’intero disco. La fabbrica abbandonata con i suoi echi, le sue presenze misteriose di pipistrelli e fantasmi ed il freddo del cemento nell’inverno del Rhode Island non solo ha un impatto sul suono e sulle scelte di arrangiamento, ma anche sulla vena compositiva della band. Nascono quindi canzoni fortemente toccanti e avvinghiate ad una profonda malinconia, un tesoro emerso da uno scrigno senza tempo che tali rimarranno per sempre grazie alla loro assoluta e fragile bellezza (www.mescalina.it).
Dire quali siano i migliori brani di questo album è cosa ardua, e lo si era già capito ascoltando “Ghost Woman Blues”, singolo che ha anticipato l'uscita di “Smart Flesh”, in cui a farla da padrone sono pianoforte e clarinetto. C'è poi il folk solare di “Apothecary Love”, in cui il theremin gioca un ruolo fondamentale mescolato però a strumenti tipicamente folk; troviamo poi la cavalcata rock di “Boeing 737”, che sfuma nella solennità corale di “Love And Altar” e di “Golden Cattle”, per poi passare alla perfetta semplicità di “Matter Of Time” e di “Wire”, strumentale per clarinetto composto da Jocie Adams. Ci sono le malinconiche sonorità degli Appalachi in “Burn” e in “I'll Take Out Your Hashes” e un po' di anni ’50 in “Hey, All You Hippie”! E, come perfetta conclusione, c'è la magia di una ballata quale è appunto la title track “Smart Flesh”, in cui si ritrovano le atmosfere della traccia d'apertura, “Ghost Woman Blues”, come a voler chiudere un cerchio immaginario e ben costruito. Insomma, Ben Knox Miller, Jocie Adams, Jeff Prystowsky, Mat Davidson ci hanno regalato un album senza tempo, pieno di atmosfere differenti e di "echi di altri tempi e luoghi"; un album per nostalgici sognatori in cerca di un rifugio dalla frenetica e caotica quotidianità del nostro mondo (www.radiogas.it).
Rino De Cesare
“RADI@zioni” è un programma curato da Camillo Fasulo, Marco Greco, Antonio Marra e Angelo De Luca, con la radi@ttiva collaborazione di Rino De Cesare, Angelo Olive, Mimmo Saponaro e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì e venerdì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica Ciccio Riccio di Brindisi – www.ciccioriccio.it.


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