giovedì 26 agosto 2010

THE CORAL - un tuffo nei favolosi sixties

The Coral “Butterfly House” (Deltasonic, 2010)
www.thecoral.co.uk

Tracklist:
More Than A Lover
Roving Jewel
Walking In The Winter
Sandhills
Butterfly House
Green Is The Colour
Falling All Around You
Two Faces
She's Comin' Around
Years
Coney Island
North Parade

Diciamolo subito: il nuovo disco dei The Coral è un avveduto compendio di conoscenza di uno dei periodi musicali più ricchi, floridi e ridondanti di idee della storia musicale dell'uomo. Un periodo che, ad oggi, fornisce le basi ad ogni musicista che si possa definire tale. Non è facile entrare nella cassaforte dei sixties senza scardinarne i lucchetti, la combinazione per intrufolarsi in quel parallelepipedo di visioni è proprietà di pochi. Eppure Skelly & Co. hanno dimostrato con naturalezza che gestire con rispetto ed estro quelle sonorità non è poi così difficile: basta avere del talento (tanto talento) e una cospicua dose di mestiere. La differenza fra i precedenti lavori del gruppo e “Butterfly House” è percepibile soprattutto in termini di densità e sostanza. Tutto l'album è incantevole, trainato dallo splendore di “More than a Lover”, “Roving Jewel” e “Butterfly House”, tre brani complessi, resi con semplicità disarmante anche (ma non solo) grazie all'ugola di Skelly (costantemente in bilico fra Scott Walker e Richard Ashcroft). (http://frequenzeindipendenti.blogspot.com/2010/08/coral-butterfly-house.html)
Certo, siamo al cospetto di qualcosa di ampiamente derivativo, un disco vecchio stile fatto da appassionati e per appassionati. Ma, parliamoci chiaro: “Butterfly House”, per quanto ci si sforzi, rimane un lavoro d’oggidì, pieno di scopiazzature e di inseguimenti verso il decennio favoloso ma, lo stesso, dannatamente attuale. Un disco che se riuscite a portare nel 1966, quando vi imbarcherete sulla macchina del tempo, verrà accolto come qualcosa di stravagante ed incomprensibile. Un album modernissimo, fatto come si faceva una volta, ad uso e consumo di chi non si stanca di ascoltare canzonette di qualità superiore. E infatti non basta il Sol#m di “A Hard Day’s Night” piazzato come niente fosse all’inizio di un pezzo, “North Parade”, per dire che quest’album è reverenziale: proprio quello stesso pezzo, l’unico a raggiungere una durata considerevole, nel giro di qualche minuto si trasforma nel più incredibile omaggio all’hard rock psichedelico degli anni 70, con buona pace di chi aveva già cominciato a scuotere il caschetto. (http://fardrock.wordpress.com/2010/07/30/the-coral-butterfly-house) 
Molti sino ad oggi avevano accusato i The Coral di limitarsi troppo spesso al compitino, pur riconoscendone il talento cristallino a livello compositivo. In questo caso i ragazzi hanno deciso di andare decisamente oltre, mettendo insieme un disco azzeccatissimo, in grado di riaffermare la loro superiorità rispetto alla grande maggioranza degli artisti che, seppur con buonissimi risultati, si avvicinano al folk-rock. Ascoltando l'intero album, si ha la sensazione che la band avesse talmente tanto da dire, che l'impresa più ardua fosse quella di ridurre tutto alla canonica lunghezza delle 10-12 tracce. Per questo che dopo l'uscita della versione normale, è stata pubblicata anche una versione deluxe contenente ben 5 pezzi in più (non contando la sognante versione acustica di “1000 Years”). “Butterfly House” è insomma un’eccellente prova di country-folk, da ascoltare ad alto volume, per assimilare in pieno il sound e comprenderne fino in fondo la purezza. Un disco pulito, che si rifà al passato ma non esprime nostalgia, che spazia a sufficienza per non risultare mai noioso e ripetitivo. (http://indiexplosion.blogspot.com/2010/07/recensione-coral-butterfly-house.html)
(Rino De Cesare)

a cura di: Camillo “RADI@zioni” Fasulo

“RADI@zioni” è un programma curato da Camillo Fasulo, Marco Greco, Antonio Marra e Angelo De Luca, con la radi@ttiva collaborazione di Rino De Cesare, Fernando Falcolini, Angelo Olive e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì e venerdì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica Ciccio Riccio di Brindisi – www.ciccioriccio.it.

venerdì 20 agosto 2010

JON SPENCER, adrenalina, rock'n'roll & carisma

THE JON SPENCER BLUES EXPLOSION “Dirty Shirt Rock’n’Roll (The First Ten Years)” (Shout! Factory, 2010)
www.thejonspencerbluesexplosion.com/

Tracklist:
Chicken Dog
Magical Colors
Money Rock'N'Roll
Love Ain't On The Run
Blues X Man
Buscemi
Bellbottoms
History Of Sex
Fuck Shit Up (Live)
Leave Me Alone So I Can Rock Again
Shake 'Em On Down (Edit)
Train #2
Water Main
Hell
Wail (Video Mix)
Afro
Greyhound
Talk About The Blues
Flavor (Remix)
Feeling Of Love
Lap Dance
She Said (Single Edit)

Non sono mai stato un accanito sostenitore delle compilation, ma un’eccezione, stavolta, mi pare più che doverosa per i santoni del Blues-Garage-Rock che hanno sfornato uno dei suoni più cool degli ultimi vent'anni. “Dirty Shirt Rock 'N' Roll” copre gli anni che vanno dal debutto della B.E. di Jon Spencer fino all'album “Plastic Fang” (2002) e mette in rilievo quanto il nostro fosse avanti fin dai suoi esordi, riportando in vita un sound che oggi suona più fresco di quanto non lo fosse negli anni '90. Il rumorismo sperimentale unito alla robusta e sapiente formula blues-rock (attenzione, non ho detto rock-blues!) mette oggi in fila una serie di pezzi da urlo, divertenti e ammalianti come ben pochi gruppi possono permettersi. A chiunque si stia mettendo in sintonia col garage rock revival di oggi, beh, c'è questo album. Jon Spencer vi farà comprendere con chiarezza di che merce si tratti. (http://blog.libero.it/TRAININVAIN/8762233.html)

"Dirty Shirt Rock And Roll" è quindi un disco antologico che include rarità e brani inediti riguardanti i primi dieci anni di vita (dal 1992 al 2002) della Jon Spencer Blues Explosion, il formidabile trio guidato dal cantante e chitarrista Jon Spencer (già con Pussy Galore e Boss Hog), coadiuvato dal batterista Russell Simins e dal chitarrista Judah Bauer. I tre indirizzarono il proprio estro creativo nella produzione di uno degli ultimi trilli di un rock (nel senso più ampio possibile del termine) che già all'epoca si stava ripiegando su sé stesso, tenuto in vita soltanto dagli ultimi colpi di coda del grunge, e che oggi appare come un malato terminale in grave crisi di idee. Spencer ebbe la lungimiranza di raccogliere tutta la sporcizia del blues e del rock'n'roll d'antan, pescando a piene mani da certo immaginario di metà del secolo scorso, e non ebbe paura di centrifugare il tutto in un suono altamente innovativo e arricchito da innesti postmoderni. In questa imperdibile compilation ritroviamo i JSBE che si divertono a fare il verso ora ai Doors, ora ai grandi del soul, che giocano a rinnovare il mito dei Rolling Stones e intingono le chitarre nell'hip-hop. Ma il meglio di loro lo danno quando deturpano il caro vecchio blues, scomponendolo in mille pezzettini e ricomponendolo attraverso un approccio garage/lo-fi come nessuno aveva mai osato fare prima. (http://www.ondarock.it/recensioni/2010_jonspencerbluesexplosion.htm)

Detto questo, “Dirty Shirt Rock’n’Roll: The First Ten Years” non è il solito best of. È un’operazione ben più intrigante e molto ben orchestrata, ed è per questo che ne parliamo. Riesce a racchiudere in modo encomiabile lo spirito della band in sole 22 canzoni, tutte rimasterizzate, scelte attentamente fra album ufficiali, compilation, singoli, collaborazioni varie e con la presenza di alcuni remix. Oggi la Jon Spencer Blues Explosion è smobilitata, e d’altra parte le sue ultime prove sono state ampiamente deludenti. Jon ha nel frattempo fondato gli Heavy Trash per esprimere ancor più compiutamente le sue smanie passatiste. Ma, carriera ultraventennale tra rock'n'roll, punk, rockabilly e tanto, tanto, tanto blues a parte, Jon Spencer è uno che va giù duro e a testa bassa e travolge tutto ciò che gli sta intorno. Non è una persona normale, è un essere composto da adrenalina, che sanguina rock’n’roll e trasuda carisma. Jon Spencer ha distrutto e ricostruito le radici della musica americana con una ferocia tale da chiedersi cosa ne sia rimasto oggi. E “Dirty Shirt Rock’n’Roll” è il miglior greatest hits che si potesse pubblicare, vivamente consigliato sia al fan di lungo corso che ai neofiti. (http://www.outune.net/dischi/medium/rockgarageblues-jon-spencer-blues-explosion-dirty-shirt-rocknroll-2010.html)

a cura di: Camillo “RADI@zioni” Fasulo

“RADI@zioni” è un programma curato da Camillo Fasulo, Marco Greco, Antonio Marra e Angelo De Luca, con la radi@ttiva collaborazione di Rino De Cesare, Fernando Falcolini, Angelo Olive e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì e venerdì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica Ciccio Riccio di Brindisi (www.ciccioriccio.it).

BRANT BJORK "stonato" dal caldo e dalla polvere del deserto!

BRANT BJORK “Gods & Goddesses” (Cargo, 2010)

… Dopo essersi costruito una carriera come batterista con i Kyuss e successivamente con i Fu Manchu, Brant Bjork fa, da un po’ di tempo a questa parte, il cantante/chitarrista in proprio e pure con un discreto successo.
Gira e rigira, tuttavia, non si è mai scrollato definitivamente di dosso lo stile del suo passato. La sua musica deve molto al rock del deserto rivisto in chiave acida. Ci sono chitarre dove il wah-wah pulsa, ma soprattutto c’è un’interpretazione lenta, come se i caldi raggi del sole avessero “stonato” Mr. Bjork e soci.
Disco estivo da ascoltare la sera, magari accanto ad un fresco boccale di birra.

(Carmine Tateo)

venerdì 13 agosto 2010

PONTIAK = "Sgrattoa-Rusty"?

PONTIAK “Living” (Thrill Jockey, 2010)
www.pontiak.net

Tracklist:
Young
Original Vestal
Algiers By Day
And By Night
Second Sun
Beach
Lemon Lady
This Is Living
Pacific
Forms Of The
Thousands Citrus
Virgin Guest

Prendete la chitarra distorta del Neil Young elettrico anni ’70, con quel suono saturo, ma anche grattato, rugginoso! Bene, è questo l’ingrediente base dello “Sgrattoa-Rusty”! Negli anni questo suono è sempre rimasto una questione che riguardava esclusivamente i chitarristi di vari gruppi e mai tutta una band: i Pontiak, invece, prendono lo “Sgrattoa-Rusty”, sapendo perfettamente cosa è, e lo fanno loro. Van, Lain, and Jennings Carney quando suonano diventano un’unica entità “Sgrattoa-Rusty”, ovvero Pontiak! Basilare è infatti la loro relazione di fratelli uno uguale all’altro, tant’è che sentirli sul nuovo "Living" così pieno di spazi vuoti e pieni acidissimi, viene da pensare all’opera di una sola persona che suona contemporaneamente basso chitarra e batteria. Pure la voce pare quella di una sola persona che si triplica. È questa unicità che fa dei Pontiak l’unico vero rappresentante dello “Sgrattoa-Rusty” oggi, questo essersi ritagliati uno spazio nel rock sfatto dei nostri tempi approfondendo quei crepitii degli ampli che tanti cercano di mascherare tramite assoli virtuosi ed effetti a palla o di imbrigliare in soluzioni squadrate. (www.bastonate.wordpress.com)

Il nuovo album, terzo capolavoro di fila, piomba dopo uno shockante uno-due, quello di "Maker" e "Sea Voids". Una piccola carriera in cui già ogni cosa va al suo posto. Il blues felpato e carezzevole ricoperto di quintessenza Seventies, l’arroventata forma di Palm Beach, la furia animale e pestona: inizialmente le carezze, poi le esplosioni. "Living" è roba da rimanere a bocca aperta, nonostante tutto. Ogni brano ne introduce un altro, in un capovolgersi di fronte che non lascia un attimo di respiro. Il boogie secco ed essenziale di “Young” si schianta rumorosamente su “Original Vestal”, nello stesso modo in cui il sobrio folk bucolico di “Forms Of The”, incontro fra Grateful Dead e Fleet Foxes, precipita in picchiata sulla psichedelia sismica di “Thousands Citrus”. Spettro di influenze, il loro, che più si allarga più si solidifica, radicato in un’esperienza studio e live in continua crescita qualitativa e quantitativa. L’entusiasmo, anche al cospetto di numerosi e ripetuti ascolti, cresce. Cresce, perché provocanti stilettate come “Algiers By Day” sono state scritte sin dalla notte dei tempi, ma mai in questa maniera, così calda, così coinvolgente. Cresce e non si ferma, come i bassi travolgenti di “And By Night” che ruzzolano con fisicità incontenibile, aprendo squarci spaziali dove la chitarra furoreggia, acida come le vertigini mariachi di “Second Sun”, stoner riletto in chiave post rock. Cresce assieme alla lenta tensione del post-sludge di “Lemon Lady”, attraversato da parte a parte da feedback, alla ballata crepuscolare di “Virgin Guest” per chitarra acustica e ipnotico Moog, alle progressioni dell’abbacinante gemma “Pacific”, solitario disgregarsi interstellare, con una sei corde assoluta protagonista. Inutile e velleitario cercare di meglio nel panorama attuale, perché nulla è al livello dei nostri tre scapestrati, seriamente candidati a ripercorrere le orme dei Motorpsycho per esplorazione ed esuberanza! (www.storiadellamusica.it)

Rino De Cesare

a cura di: Camillo “RADI@zioni” Fasulo

“RADI@zioni” è un programma curato da Camillo Fasulo, Marco Greco, Antonio Marra e Angelo De Luca, con la radi@ttiva collaborazione di Rino De Cesare, Fernando Falcolini, Angelo Olive e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì e venerdì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica Ciccio Riccio di Brindisi www.ciccioriccio.it.

Torna la "venere nera" MACY GRAY

MACY GRAY – “The Sellout”
(Concord Records, 2010)

A tre anni dal controverso “Big” la soul singer americana torna con un album prodotto in totale autonomia. Dopo aver venduto più di 15 milioni di dischi in tutto il mondo, Miss Gray (alle origini Natalie Renee McIntyre ) ha dovuto fare i conti con un vistoso calo di creatività che ha seriamente minacciato di comprometterne la celebrità raggiunta. Per fortuna con “Sellout” si ritorna alle origini. Al suo interno troverete vere e proprie perle di pop-rock… Lei poi, da par suo, sfodera sensualità e movenze soul-pop e, in alcuni momenti, addirittura, alcuni passi retrò… Macy Gray è tornata ad essere padrona della propria arte e questo album lo conferma pienamente!

(Carmine Tateo)

venerdì 6 agosto 2010

BROKEN SOCIAL SCENE: “Forgiveness Rock Record” è l’indie rock declinato al 2010!

BROKEN SOCIAL SCENE “Forgiveness Rock Record” (Arts & Crafts, 2010)
www.brokensocialscene.ca
www.myspace.com/brokensocialscene

Tracklist:
1. World Sick
2. Chase Scene
3. Texico Bitches
4. Forced to Love
5. All to All
6. Art House Director
7. Highway Slipper Jam
8. Ungrateful Little Father
9. Meet Me in the Basement
10. Sentimental X’s
11. Sweetest Kill
12. Romance to the Grave
13. Water in Hell
14. Me and My Hand

Tornano i Broken Social Scene, una delle comunità di musicisti più rispettate nel panorama mondiale indie-rock! Tornano e sfornano un signor disco: ben 14 canzoni che si sviluppano lungo una sessantina di minuti e che non suonano mai noiose, anche negli intermezzi strumentali che pure non sono pochi. Come al solito il collettivo di Toronto tira fuori dal cilindro un disco sfaccettato, multiforme, divertente e mai, dico mai, scontato. Sarà che, secondo l’ultimo censimento, sono in 19, o che al progetto partecipa un po’ tutta la scena alternativa della città canadese o che sono un gruppo di amici che non ha mai perso la voglia di fare musica nei modi più disparati possibili, ma i BSS riescono ad rivestire di freschezza e novità ogni loro nuovo disco pur essendo ormai, di fatto, dei classici di questi anni. (atlantidezine.it)

Ritengo di essere un tipo piuttosto equilibrato, mi piace concedere sempre il beneficio del dubbio, valutare l’altro lato della medaglia, avere un’opinione sì, ma prendere in considerazione anche altri punti di vista. Il fatto che io abbia anche gusti musicali piuttosto variegati, mi porta a prendere in considerazione davvero tanta roba. Questo non significa che io non sappia schierarmi apertamente o prendere delle posizioni nette, ed è per questo che mi permetto di affermare che “Forgiveness Rock Record” è un disco che spacca! È un concentrato di stili. Qui coesistono cavalcate rock e passeggiate spaziali, momenti notturni ed episodi più sperimentali, senza disdegnare fiati e pop elettronico. “Forgiveness Rock Record” è un viaggio in aereo sopra paesaggi bellissimi e in antitesi tra loro, dal polo ai tropici… Dall’oblò entrano a volte il chiarore della luna, a volte il sole accecante riflesso dall’ala. Il tutto è co-prodotto da John McEntire, produttore e poli-strumentista di Chicago, passato alla storia con i suoi Tortoise e The Sea & Cake. “Forgiveness Rock Record” è l’indie rock declinato al 2010! (indieriviera.it)

I BSS, tra i fondatori della scena indie canadese, sembrano, oggi, voler riportare tutto a casa con “Forgiveness Rock Record”. Prendersi i propri meriti, ribadire la propria centralità negli sviluppi del rock di questi ultimi anni. Non si tratta, quindi, di togliersi dei sassolini dalle scarpe dicendo “hey, questa roba l'abbiamo inventata noi e la sappiamo fare molto meglio degli altri”, ma di dare unità e compattezza ad un insieme di sonorità estese, di sensibilità, di attitudini al suono spesso non centrate o disperse qua e là dagli stessi progetti dei membri della band. Si tratta di far quadrare il cerchio dell'indie-rock canadese (e non solo) facendo convergere ogni elemento ed ogni esperienza ad un centro concettuale e stilistico. Pazzesca come operazione, ma il collettivo BSS dà proprio l'impressione di essercisi buttato a capofitto, per un lavoro a suo modo monolitico ed imponente. L'album modella, dunque, una massa sonora con un'idea ben precisa del risultato finale, andando a guidare con maestria una mano, o forse sarebbe meglio dire “più mani” esperte ed attente. Non troverete nessun riempitivo qui, ogni brano è in grado di diventare un simbolo di questa raccolta. Saluto quindi con gioia uno dei migliori dischi indie rock di una delle migliori indie rock band del nuovo millennio! (storiadellamusica.it)

a cura di: Camillo “RADI@zioni” Fasulo

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