domenica 28 agosto 2011

Il nuovo libro di Mino Pica: menù semiserio o (s)canzonato da consultarsi prima di affrontare esperienze di vita quotidiana

MINO PICA “Cucina interiore” (Lupo Editore, 2011)

Manuale che può leggersi come un vero e proprio “menù semiserio o (s)canzonato” a cui non fa difetto l’originalità e che può offrire spunti per sviluppare concetti in qualche modo innovativi. Spunti che potrebbero trovar miglior applicazione se il lettore li assocerà alle mirate scelte musicali consigliate dall’autore. Un’opera che, credetemi, vale la pena avere nella propria biblioteca. L’equivalente di un presidio medico di primo soccorso. Mino Pica espone in pratica quelle che potrebbero essere adottate come tecniche di rilassamento prima di affrontare esperienze di vita quotidiana. In definitiva: una lettura gradevole e “leggera”, ricca di curiosi consigli di vita, oltre che di precetti di tecnica per imparare a muoversi senza paura tra gli ostacoli veri o presunti che la vita ci appronta giorno dopo giorno. Ma il contributo più originale riguarda, secondo me, le informazioni di utilizzo: quel “non agitarsi prima dell’uso” indicato nelle indicazioni d’impiego del prodotto lo trovo semplicemente “geniale”... 
(Camillo “RADI@zioni” Fasulo)

CRISTINA DONA' tra racconti di quotidianità, lieve ironia e caleidoscopiche sonorità

Cristina Donà “Torno a casa a piedi” (EMI, 2011) - www.cristinadona.it

Tracklist:
Miracoli
Un esercito di alberi
In un soffio
Giapponese (L'arte di arrivare a fine mese)
Più forte del fuoco
Aquilone
Torno a casa a piedi
Bimbo dal sonno leggero
Tutti che sanno cosa dire
Lettera a mano

C’è una piccola parte di popolazione italiana che al termine “cantantessa” non associa Carmen Consoli. Così come alla definizione “voce raffinata” non prende neanche in considerazione i gemiti di Malika Ayane. É la stessa parte di popolazione per la quale la perdurante assenza di Cristina Donà dai circuiti mainstream rimane uno dei misteri discografici d’Italia. Sono passati quattordici anni da “Tregua”, lo splendido esordio della cantautrice di Rho. Era il 1997, annus mirabilis per il rock indipendente italiano. Prodotto e arrangiato da Manuel Agnelli, l’album vantava un suono crudo e sanguigno, meravigliosamente in contrasto con la delicata e al contempo potente voce della Donà. Da lì, attraverso le prestigiose collaborazioni con Sua Maestà Robert Wyatt e Davey Ray Moor dei Cousteau, una serie di bellissimi album e una continua ricerca sonora, segno di grande intelligenza artistica: dalla leggera malinconia di “Nido” alle atmosfere più notturne di “Dove sei tu”, fino ad arrivare alla delicatezza de “La quinta stagione”. Dopo quattro anni Cristina Donà riprende il suo percorso musicale, e giunge ad una maturità compositiva tale da potersi permettere di spaziare all’interno di stili diversissimi, mantenendo sempre un’impronta fortemente personale. Così, da un vortice di colori acquarellati, ha preso vita “Torno a casa a piedi”, evoluzione di alcune suggestioni dell’album precedente, tra racconti di quotidianità, lieve ironia e caleidoscopiche sonorità. (www.shiverwebzine.com)
Cristina Donà nella sua carriera ha sempre amato le sfide e i cambiamenti, pur all’interno di un discorso musicale assolutamente coerente e ben definito. “Torno a casa a piedi” è una di queste sfide, un disco che porta con sé diverse novità sia dal punto di vista dei testi che da quello musicale. A livello testuale a prevalere in più di un episodio è infatti un approccio narrativo, specialmente nella title-track e “In un soffio”, abbastanza raro da trovare fin qui nella produzione della cantautrice, solitamente più incline a descrizioni e riflessioni; a livello sonoro c’è invece un’evoluzione che rappresenta quasi un’antitesi rispetto alle ultime prove, “La quinta stagione” e “Piccola faccia”, dove si lavorava per sottrazione. In quest’occasione infatti Cristina ha scelto per la produzione Saverio Lanza, compositore e musicista con un bagaglio di esperienze che spaziano tra i generi più vari, col risultato di ampliare lo spettro sonoro. Un esempio è il singolo apripista, “Miracoli”, con i suoi arrangiamenti bandistici con fiati in bella vista (e uno sguardo agli anni ’60 di Mina) e il suo messaggio più che positivo, nell’attesa che venga davvero una rivoluzione; un altro può essere “Giapponese”, che nelle tre strofe sperimenta strumenti e suoni sempre diversi, senza per questo rinunciare a un’elegante fruibilità pop, oppure “Tutti che sanno cosa dire”, dove a emergere è un noise-rock diretto discendente degli anni ’90, con la chitarra elettrica a condurre le danze fino alla coda con tanto di assolo effettato. (www.indie-eye.it)
 “Torno A Casa A Piedi” è un disco intriso di contagiosa felicità, una cornice sonora ideale in cui inquadrare piccoli frammenti di magica quotidianità, narrando dell’importanza dei gesti semplici ma sinceri, della sovversiva bellezza della lentezza che consente di apprezzare meglio certi dettagli, dell’amore che arriva, quello che esplode dentro come una preghiera, e di quello che se ne torna a casa a piedi. Oppure di quello totalizzante, “Più Forte Del Fuoco”, il brano scritto per la piccola Olivia Fabi che non c’è più, in cui si può ascoltare, forse, il verso più bello di tutto l’album (“chi ha già provato le ortiche riconosce la seta”). Ma è davvero difficile scegliere tra le splendide liriche della Donà, proposte come sempre da quella voce dilatata e sospesa che ci si aggancia al cuore e non lo molla più. È un inno alla vita questo “tornare a casa a piedi”, un riappropriarsi di sé, dei propri tempi e dei propri spazi, un girovagare a zonzo per la città, un invito ad uscire dalle proprie solitudini ed a guardare negli occhi le proprie inquietudini. Perché leggerezza non è necessariamente sinonimo di banalità. E perché, a volte, i “Miracoli” possono anche succedere! (www.rockshock.it)
(Rino De Cesare)


“RADI@zioni” è un programma curato da Camillo Fasulo, Marco Greco, Antonio Marra e Angelo De Luca, con la radi@ttiva collaborazione di Rino De Cesare, Angelo Olive e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì e venerdì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica Ciccio Riccio di Brindisi – www.ciccioriccio.it.


ARCHITECTURE IN HELSINKI: scintillante bigiotteria dal dancefloor anni ’80

ARCHITECTURE IN HELSINKI “Moment Bends” (2011)

Tornano a farsi sentire, dopo ben 4 anni di silenzio, gli australiani Architecture In Helsinki (il nome non inganni, non vengono dalla Finlandia!).
Assurti ormai al livello di band di culto per la loro particolare attitudine pop-sperimentale, ora rieccoli qui con un nuovo cd che evidenzia una conversione (definitiva? Non si sa!) ad un pop più sintetico farcito da effetti elettronici e voci distorte in delay tali da lasciare di stucco i vecchi fans…
Traccia dopo traccia ci si trova davanti a tutti quei piccoli tesori di scintillante bigiotteria che la risacca dell’ondata dancefloor anni ’80 ha lasciato sul bagnasciuga a beneficio di chi si è trattenuto in spiaggia in vista del prossimo party e non solo! Come dire? Ci sono nuovi fans in arrivo per loro! Lasciatevi rapire anche voi dalla freschezza delle melodie degli Architecture In Helsinki! “Moment bends” è stato uno dei dischi più ballati dell’estate 2011… e lo sarà anche per l’autunno.

(A cura di Carmine Tateo, carmine.taty@live.it)

venerdì 19 agosto 2011

RIVAL SONS - Veloci e dritti contro il sole


RIVAL SONS “Pressure & Time” (Earache, 2011) - www.rivalsons.com

Tracklist:
1. All Over The Road
2. Young Love
3. Pressure and Time
4. Only One
5. Get Mine
6. Burn Down Los Angeles
7. Save Me
8. Gypsy Heart
9. White Noise
10.
Face of Light


È diventata una questione di vita o di morte, quella di trovare assolutamente gli eredi di chi ha fatto grande il rock negli anni ’70. Una missione quasi utopica che le case discografiche sembra vogliano intraprendere a suon di contratti e lanci promozionali con paragoni pesantissimi, che tagliano le gambe ancor prima di imbracciare gli strumenti. A scadenza quasi mensile salta alla ribalta qualche nuovo gruppo da dare in pasto all’ignaro e sprovveduto pubblico giovanile. Alcuni sono stati divorati ferocemente e sono scomparsi inghiottiti, altri sono rimasti a galla: Airbourne, The Answer, Wolfmother, Graveyard… sono davvero tanti i nomi. In questi mesi si sta facendo un gran parlare dei Rival Sons, recentemente visti anche sui palchi italiani lasciando una buonissima impressione. In questo 1° lavoro sull'etichetta di “metallo estremo” Earache, dopo un album ed un ep autoprodotti, questi americani di Los Angeles sparano tutto in mezz’ora di musica: 10 canzoni, dirette ed efficaci, senza nessun abbellimento superfluo e registrato pure in pochissimi giorni. Questi vanno veloci in tutti i sensi. Hard rock anni ’70, quello che meglio si sposava con il blues, ed una voce molto caratterizzante sono un buon biglietto da visita. Jay Buchanan è un signor cantante (l'ideale mix tra Plant e Paul Rodgers) e l'iniziale “All Over the Road”, ci porta sopra ad una Cadillac dritti contro il sole con un chitarrista presente ma essenziale come Scott Holiday e un coro che a fine canzone omaggia i maestri. Un hard boogie rock saltellante e divertente che non disdegna di omaggiare anche la scena glam britannica dei T.Rex. Se altri gruppi recenti di vintage rock sembrano attaccarsi ad un solo mito (finendo, a volte per esserne degli imbarazzanti cloni o, peggio, delle cover band da pub), i Rival Sons giocano a 360 gradi abbracciando tutto il rock con scadenza anno 1975. “Young Love” ha un giro oscuro che ricorda i Doors così come “Burn down Los Angeles” a cui manca solamente l'organo di Ray Manzarek, “Get Mine” ha le chitarre degli Stooges e un coro appiccicoso, “Gypsy Heart” ha una slide protagonista, un southern blues-rock cadenzato e poderoso che non avrebbe sfigurato in un album di sua maestà Hendrix e il tutto si chiude con gli effetti e gli assoli di “White Noise” e con “Face of Light”, ballad che con i suoi oltre quattro minuti è la canzone più lunga del disco. I Rival Sons, giocano sporco di produzione, catturando tutte le vibrazioni che fecero grandi i “grandi” sopracitati e piazzando uno dei dischi di classic hard rock fin’ora più interessanti di quest'anno (http://enzocurelli.blogspot.com/2011/06/recensione-rival-sons-pressure-time.html).
Per farla breve: un tuffo negli anni ’70. Questo è ciò che i Rival Sons saranno in grado di regalarvi con il nuovo Pressure & Time. Disco di hard rock condito da elementi psichedelici e da un songwriting notevolmente maturo, in grado di pescare a piene mani dal passato senza però limitarsi a scimmiottare i maestri, ma anzi sviluppandone le innovazioni. Tutto qui dentro rimanda in qualche modo a suoni e sensazioni sicuramente già sentite ma in grado di risvegliare un amore per le proprie radici che in fondo non si è mai sopito, almeno per quanto mi riguarda. Un gruppo che se sarà in grado di mantenersi puro e fuori da “evoluzioni” strane, nel prossimo futuro potrebbe veramente rappresentare uno degli ultimi baluardi di un certo modo di fare rock. Davvero notevole (http://www.metal.it/album.aspx/14554/). Ultima nota per la copertina ideata da Storm Thorgerson, artista e fotografo inglese che ha firmato grandi copertine del rock, quelle dei Pink Floyd su tutte, anche se questa a mio modesto avviso non è riuscita particolarmente bene. L’album è comunque consigliatissimo! (http://enzocurelli.blogspot.com/2011/06/recensione-rival-sons-pressure-time.html).
“RADI@zioni” è un programma curato da Camillo Fasulo, Marco Greco, Antonio Marra e Angelo De Luca, con la radi@ttiva collaborazione di Rino De Cesare, Angelo Olive e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì e venerdì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica Ciccio Riccio di Brindisi – www.ciccioriccio.it


THE KILLS / "Blood Pressures"... l'album della maturità!

THE KILLS “Blood Pressures” (2011)


Finalmente è arrivato l’album della maturità per The Kills! Dev’essere stata la collaborazione della conturbante Alison Mosshart con i Dead Weather di Jack White (e se non siete stati in esilio su Marte in questi ultimi due anni, saprete benissimo di chi stiamo parlando), oppure sarà stata la lunga pausa di riflessione degli stessi The Kills (ben 3 anni di silenzio)… sta di fatto che è finalmente giunta l’ora della consacrazione… e non stupitevi se se ne parla soltanto adesso…
In precedenza la musica dei The Kills sembrava come una pietra preziosa che non potesse brillare… Ora il duo è in grado di soddisfare tutti! A momenti danzerecci alterna atmosfere decadenti che solo il rock può regalare… L’elettronica riesce a fondere gli uni con le altre con grandi risultati!
“Blood Pressures” è l’incontro tra la ruvidezza del rock e la languidezza del pop, un connubio che certo non hanno inventato loro ma che in questo cd sfiora la perfezione! Attualmente è la mia band del momento! Parola di Carmine Tateo!

(a cura di Carmine Tateo - carmine.taty@live.it)

venerdì 5 agosto 2011

BATTLES: spingono verso il futuro mantenendo ben salde le proprie radici nel passato!

BATTLES “Gloss Drop” (Warp Records, 2011) http://bttls.com/

Tracklist:
1. Africastle
2. Ice Cream (Featuring Matias Aguayo)
3. Futura
4. Inchworm
5. Wall Street
6. My Machines (Featuring Gary Numan)
7. Dominican Fade
8. Sweetie & Shag (Featuring Kazu Makino)
9. Toddler
10. Rolls Bayce
11. White Electric
12. Sundome (Featuring Yamantaka Eye)




Il secondo album dei Battles, dopo l'exploit dell'esordio con “Mirrored” e dopo l'abbandono di Tyondai Braxton, è uscito nei primi giorni dello scorso giugno. Il titolo è “Gloss Drop”.
Mirrored” era stato un album che aveva creato un certo buzz intorno a sé e nel circuito rock alternativo sia per il suo approccio moderno e “contaminato” alla materia sia perché la band era formata da membri di Don Caballero, Helmet e Tomahawk. In coerente continuità col debut, già dall’iniziale “Africastle” i ritmi si fanno dispari e allegri (i contrappunti tastieristici ricordano alcuni giochi elettronici anni ’80) in un mix di ricercatezza e linearità; il delirio electro-rock di “Wall Street” mostra un attenzione al ritmo davvero particolare, in una sorta di compendio tra i King Crimson più soft contaminati da elettronica e post rock. (http://www.metallus.it/recensioni/gloss-drop/)
I tanti che avevano adorato "Mirrored" - sottoscritto compreso - hanno temuto il peggio alla notizia, ormai due anni or sono, della dipartita dalla band di Braxton, polistrumentista, voce e autentico genio della band esplosa nel 2007. All'epoca "Gloss Drop" era già più o meno pronto, ma Ian Williams, John Stanier e David Konopka decisero che non sarebbe stato giusto mandare in stampa un disco in realtà non pienamente loro, ma condizionato dalla presenza/assenza dell'ex-socio. Così rimisero mano alle dodici tracce realizzate, invitarono qualche amico e collega (Matias Aguayo, Gary Numan, Kazu Makino e Yamantaka Eye) a prestare la propria voce per alcuni brani e, nel giro di 24 mesi scarsi, eccoci di fronte a questo monolite che resta profondamente "Battles", pur essendo qualcosa di completamente diverso. Di due cose gli amanti di "Mirrored" possono essere certi: in questo "Gloss Drop" riconosceranno, pur se trasfigurati, i Battles di quattro anni fa, ma - cosa più importante - se pensavano che l'assenza di Braxton avrebbe mandato in frantumi l'esplosiva miscela math-rock, si sono sbagliati di grosso. Certo, mancano le sfuriate dal gusto free-jazz, ma il sound della band non è mai stato tanto coeso e, per così dire, "dritto". Assottigliando ancor di più la parte elettronica e l'uso peculiare del vocoder, che era diventato marchio di fabbrica della band, i Battles sono ora diventati un'originalissima ma più tradizionale band math-rock. Math-rock intriso, però, di un'aura di divertissement, di vitale ironia, che li differenzia dalla fredda matematicità di gruppi inseriti nel loro stesso filone. La prima vera chicca dell'album è la riesumazione in un contesto così lontano dalle sue origini di Gary Numan nel turbine oscuramente cinematico di "My Machines". Il tribalismo caraibico deformato di "Dominican Fade" spezza il mood e fa da ponte verso il cuore dell'album, quella "Sweetie & Shag" alla quale Kazu Makino (from Blonde Redhead) dona un sensuale tocco dance-pop. La breve dilatazione post-rock "Toddler" serve a prendere fiato prima del gran trittico finale. Violenza industrial e pantomima teatrale si fondono nei due minuti abbondanti di "Rolls Bayce", prima che "White Electric" esploda di un crescendo rossiniano (!), che si scioglie nell'irriverente baraonda di mugugni e singulti di "Sundome" nel quale Mr. Boredoms Yamantaka Eye scimmiotta versi incomprensibili. Il vitalismo al fulmicotone dei nuovi Battles si è superato, perdendosi e ritrovandosi in qualcosa di completamente diverso ma comunque uguale a se stesso. Una band che nella perdita ha trovato un nuovo, irresistibile, inizio. (http://www.ondarock.it/recensioni/2011_battles.htm)
Sì, i Battles del 2011 sono forse meno inattesi, meno “rivoluzionari” di quelli che negli anni ’00 idearono un nuovo modo di suonare math-rock, ibridando quest’ultimo al progressive e al post-rock tramite una concezione quasi “strutturalista” della composizione. Tuttavia sono ben lontani dall’essersi “normalizzati”, conservando quel lampo di genio che li fa essere fra i gruppi più intriganti degli ultimi anni, grazie a un suono che spinge verso il futuro ma, nello stesso tempo, mantiene salde radici nel passato. (http://www.outune.net/dischi/top-records/battles-gloss-drop/22827)
“RADI@zioni” è un programma curato da Camillo Fasulo, Marco Greco, Antonio Marra e Angelo De Luca, con la radi@ttiva collaborazione di Rino De Cesare, Angelo Olive e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì e venerdì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica Ciccio Riccio di Brindisi – www.ciccioriccio.it



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