venerdì 17 maggio 2013

BLACK REBEL MOTORCYCLE CLUB: il nuovo album alterna momenti di intensa commozione a sessioni liberatorie e sfrenate… ma... cosa cavolo è successo al rock’n’roll?


BLACK REBEL MOTORCYCLE CLUB “Specter At The Feast” (V2, 2013) – www.blackrebelmotorcycleclub.com

Tracklist:
1. Fire Walker (guarda&ascolta: http://youtu.be/9aQRnz4ahgg)
2. Let The Day Begin (guarda&ascolta: http://youtu.be/Z63RredqEnk)
3. Returning
4. Lullaby (guarda&ascolta: http://youtu.be/Zb11TmTV-5k)
5. Hate The Taste
6. Rival
7. Teenage Disease (guarda&ascolta: http://youtu.be/6rnJtfoulvI)  
8. Some Kind of Ghost
9. Sometimes The Light
10. Funny Games
11. Sell It (guarda&ascolta: http://youtu.be/JuYAmLmG1cI)

12. Lose Yourself

In questi primi mesi del 2013, tra le buone uscite discografiche ci sono anche loro, i tre nostalgici di San Francisco. Ci hanno sempre abituato a dischi di pregevole fattura con coraggiose svolte acustiche e garage che hanno caratterizzato positivamente parte della loro carriera. A tre anni dall'ultimo “Beat the Devil’s Tattoo” (forse l’episodio meno convincente di una discografia di tutto rispetto), i Black Rebel Motorcycle Club tornano più in forma che mai con un album che definire eccitante è dire poco. Le sensazioni ci sono tutte. L’apertura è affidata a “Fire Walker”: un giro di basso dai toni minori e un bellissimo crescendo sul finale mostrano che i tre quando vogliono sanno sorprendere come pochi (http://www.osservatoriesterni.it/novita/black-rebel-motorcycle-club-specter-at-the-feast).
Tira un’aria non troppo raccomandabile nei vicoli di questo mondo sonico edificato dai BRMC. È come passeggiare di notte nei vicoli stretti, zozzi e male illuminati di una metropoli soffocante e fatiscente. A ogni angolo potrebbero spaccarti il cranio o piantarti una coltellata per fregarti quei pochi soldi che ti sono rimasti in tasca. Ma te ne sbatti e continui a camminare, cullato da un’incosciente indolenza. Insomma, questi tre ex ragazzi di San Francisco alla fine, nonostante siano giunti al settimo album (un traguardo che non molti sfiorano senza mostrare, a volte anche da tempo, i segni del declino), restano fedeli alla loro essenza. Blues metropolitano, shoegaze, psycho-pop, feedback sound, proto-punk e una inedita spruzzatina di grunge… in questi 12 pezzi troverete tutto ciò, impacchettato nei consueti giubbotti di pelle, occhiali da sole e jeans attillati (http://www.rockol.it/recensione-5174/Black-Rebel-Motorcycle-Club-SPECTER-AT-THE-FEAST).
I BRMC non sono più quei ragazzetti che 12 anni fa riportarono il sano rock’n’roll alla ribalta, ma sicuramente il loro nuovo album “Specter at the feast” ha qualcosa da dire nel panorama garage rock mondiale. In un solo album riescono ad unire il loro tipico sound blues a melodie più malinconiche. Ma non è solo tristezza quella che emerge dal disco: infatti molte canzoni sono caratterizzate dai loro tipici riff grezzi. Un esempio può essere “Teenage Disease”, che unisce un blues in stile Black Keys ad un rock heavy quasi in stile Motorhead, oppure anche folk blues, soul e ballate psichedeliche. Ma non ci sono canzoni che spiccano in maniera particolare e questo rende l’album un po’ monotono, pur rimanendo comunque un disco apprezzabile per gli amanti del genere (http://www.impattosonoro.it/2013/04/16/recensioni/black-rebel-motorcycle-club-specter-at-the-feast/).
Sono passati più di dieci anni da quel fatidico 2001, in cui si parlò di un ennesima rinascita del rock. I protagonisti di quella stagione furono gli straordinari Strokes dell’omonimo debutto, capaci di rileggere gli stilemi della wave newyorchese con una ventata di freschezza tipica dell’indie rock anni ’90 e i più esperti White Stripes con i fendenti punk-blues di “White Blood Cells”. E poi c’erano loro, i BRMC, band californiana che sembrava uscita da un remake de “Il selvaggio”, con immaginario di giubbotti in pelle, motociclette potenti e capelli al vento. La loro “Whatever happened to my rock and roll” fu forse l’inno più clamoroso di quell’annata, contenuta all’interno di un disco d’esordio perfetto. Da allora il gruppo capitanato da Peter Hayes è rimasto in piedi tra esiti alterni ma senza mai purtroppo ritrovare la magia degli esordiì (come del resto gli stessi Strokes), pur rimanendo una granitica certezza dal vivo. “Specter at the Feast” è l’ennesimo ritorno in pista del terzetto, che sembra non discostarsi particolarmente dalle recenti fatiche, all’insegna di un robusto e impetuoso rock and roll, occasionalmente addolcito da momenti più riflessivi. Nulla di male, è un lavoro onesto, ma ci aspettiamo che tra qualche anno un altro gruppo di ventenni scapigliati ci scuota riproponendo l’amletico ed eterno quesito: cosa cavolo è successo al rock and roll? (http://www.storiadellamusica.it/indie_rock/indie_rock/black_rebel_motorcycle_club-specter_at_the_feast%28abstract_dragon-2013%29.html)
“RADI@zioni/N.R.G.” è un programma ideato da Camillo Fasulo e realizzato con la radi@ttiva collaborazione di Gabriella Trastevere, Mimmo Saponaro e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica “Ciccio Riccio” (www.ciccioriccio.it) di Brindisi.


giovedì 9 maggio 2013

THE BLACK ANGELS: sixties revival, sì... ma di stupefacente qualità!!!

THE BLACK ANGELS “Indigo Meadow” (Blue Horizon, 2013) – www.theblackangels.com

Tracklist:
01. Indigo meadow
02.
Evil things (guarda&ascolta: http://www.youtube.com/watch?v=PT2hRzc-zYg)
03.
Don’t play with guns (guarda&ascolta: http://youtu.be/RoNB1NW2u0A)
04. Holland
05. The day
06. Love me forever
(guarda&ascolta: http://youtu.be/TXzvZxneCFY)
07. Always maybe
08. War on holiday
09. Broken soldier
10.
I hear colors (Chromaesthesia) (guarda&ascolta: http://youtu.be/_7otchKcH-0)
11. Twisted light
12. You’re mine
13.
Black isn’t black (guarda&ascolta: http://youtu.be/qY5Bg62xf6Y)

The Black Angels sono un gruppo rock statunitense originario di Austin, nel Texas. Il loro nome deriva da un brano dei Velvet Underground, “The Black Angel's Death Song”. Hanno pubblicato tre album in studio e tre e.p. per le etichette Light In The Attic Records e Blue Horizon Records (http://it.wikipedia.org/wiki/The_Black_Angels). Il loro stile si ispira ai gruppi storici del rock psichedelico degli anni ’60, dai Velvet Underground ai 13th Floor Elevators passando per i Doors, con momenti hard rock ed accenni alla neopsichedelia degli anni ’80.
Dopo il brillante “Phosphene Dream” di due anni fa, The Black Angels ritornano con un nuovo disco che, pur rimanendo ancorato nel sixties revival, si arricchisce per una nuova qualità produttiva. “Indigo Meadow” presenta la formazione in grande spolvero, con strepitosi progressi soprattutto a livello di composizione che, sia pure riprendendo il filo dal precedente album, prova a mettere a fuoco un’opera ben più complessa, con la possibilità, data dal periodo storico in cui il disco nasce, di fare commistioni bizzarre e ardite, mescolando il rock psichedelico degli anni ’60 con il blues elettrico degli anni ’70 (dai Led Zeppelin ai Grand Funk Railroad) e cercando di rifinire la rozzezza del garage punk primordiale con tecniche d’incisione più raffinate. Stupefacenti viaggi nella mente di Syd Barrett (“Don’t Play With Guns”), schizofreniche divagazioni attraverso le porte della percezione (“Evil Things”) e, infine, anche un giretto nella baia di San Francisco (“Love Me Forever”). Sì, certo, esattamente quello che ci si aspettava ma con molti vantaggi in più, tutti riconducibili alla maturazione degli Angeli Neri come musicisti. Per farla breve le canzoni del disco nuovo non sono robetta riciclata, hanno lo spessore delle grandi imprese del passato, questo sì, ma riescono quasi sempre a debellare ogni istinto nostalgico. Se questo può apparire come un limite per i puristi che preferiscono proposte più pedissequamente riverenti, sicuramente risulterà un plus valore per tutti coloro che invece cercano anche un briciolo di novità. Ci troviamo di fronte a un album di sfavillante rock vecchio-stile, suonato da ragazzi giovani che, di quello stile, hanno assorbito ogni umore attraverso vecchi dischi scricchiolanti ai quali hanno voluto togliere il fruscio come in un’esigenza prioritaria e fondamentale. Operazione riuscita! (http://fardrock.wordpress.com/2013/04/23/the-black-angels-indigo-meadow)
Lasciata Los Angeles, dove è stato registrato l’ottimo “Phosphene Dream” (2010), la band, ora ridottasi a quartetto, torna a casa, in Texas, tradizionalmente indicato come luogo di nascita, nel 1965, del rock psichedelico. Dopo il sole californiano, il deserto di El Paso e i campi colmi di bluebonnet, il tipico fiore blu texano. Da qui “Indigo Meadow”, il titolo del nuovo album, appena uscito per la Blue Horizon.
Tutto, in “Indigo Meadow”, trabocca colore: dall’apertura con i campi color indaco a cui è dedicato il disco ai colori uditi in “I Hear Colors (Chromaesthesia)”, al nero che nero non è di “Black Isn’t Black” con cui si conclude. Un disco, insomma, davvero consigliato, a cui si aggiunge tutto il lavoro che la band porta avanti con l’organizzazione dell’Austin Psych Fest (www.austinpsychfest.com) in tour in autunno anche dalle nostre parti, e la Reverberation Appreciation Society, i progetti secondari musicali e grafici, l’aggregazione di un movimento artistico che ha voglia di lasciare - ma anche di portare avanti - una traccia. Questo è il valore che i Black Angels attribuiscono alla psichedelia: un modo di pensare e agire; così scrivono sul booklet di ogni album! (www.outsidersmusica.it/recensione/Musica/the-black-angels-indigo-meadow)
N.b.: da questo link sarà possibile ascoltare l’intero album “Indigo Meadow” dei The Black Angels: http://youtu.be/f1r6Opx2OyY
“RADI@zioni/N.R.G.” è un programma ideato da Camillo Fasulo e realizzato con la radi@ttiva collaborazione di Gabriella Trastevere, Mimmo Saponaro e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica “Ciccio Riccio” (www.ciccioriccio.it) di Brindisi. 



THE STROKES: 2° buco nell’acqua, ma assolutamente non ci va di darli per spacciati!

RADI@zioni / Disco Hot N° 08:
THE STROKES “Comedown Machine” (2013)
Sono passati 12 anni da “Is This It”, il loro esordio, e “Comedown Machine” risulta essere oggi il 5° lavoro in studio della band. A guardarlo adesso il loro 1° album sembra una cosa accaduta in un altro mondo, un mondo lontano anni luce da qui.
“Comedown Machine” non è esattamente il disco dell’anno, ma è un disco che lascia i fans spiazzati comunque, perché dovranno decidere se farsi piacere gli ultimi Strokes oppure i primi!
L’album è per lo più costruito su sintesi di suoni analogici e drum machine. La nostalgia degli anni ’80 non è cosa del tutto nuova nella musica della band: ottimi intrecci di chitarre, ritmi incalzanti e vocalizzi graffianti… una missione non del tutto riuscita ma comunque non disastrosa.
Rispetto al precedente album “Angles”, qui Mr. Casablancas ha ripreso in mano le redini della band, ha gettato, forse nel cesso, la sua aura di rockstar maledetta e si immerge, con tutto il suo talento, nella sua musica e nei suoi pensieri. E così come “Is This It” è diventato a tutti gli effetti un classico, questo “Comedown Machine” diventerà sicuramente un “cult”…
È solo questione di tempo! Parola di fan…, parola di Carmine Tateo!
(Carmine Tateo)

Tracce consigliate:
- TAP OUT (guarda&ascolta http://youtu.be/0wwghX-8ms4)
- EIGHTIES COMEDOWN MACHINE (guarda&ascolta http://youtu.be/g5pNHZ-BXTc)
- HAPPY ENDING (guarda&ascolta http://youtu.be/VbXcthY4124



venerdì 3 maggio 2013

THE TRAIL OF DEAD: cowboys metropolitani punk con gli anfibi ai piedi, che cavalcano chitarre e fanno falò con le batterie


AND YOU WILL KNOW US BY THE TRAIL OF DEAD “Lost Songs” (Richie Records, 2012) - www.andyouwillknowusbythetrailofdead.bandpage.com
Tracklist:
01. Open Doors
02. Pinhole Cameras
03. Up To Infinity (guarda/ascolta: http://youtu.be/3Ni31X-aWDo)
04. Opera Obscura
05. Lost Songs (guarda/ascolta: http://youtu.be/XBLf4ekMRIg)
06. Flower Card Games (guarda/ascolta: http://youtu.be/xKJO8X4SviQ)
07. A Place To Rest
08. Heart of Wires
09. Catatonic (guarda/ascolta: http://youtu.be/zwQnULvbWFI)
10. Awestruck
11. Bright Young Things (guarda/ascolta: http://youtu.be/Ve_gWdphnVg)
12. Time and Again

...And You Will Know Us by the Trail of Dead, spesso abbreviato in Trail of Dead, è il nome di un gruppo indie rock statunitense (arriva da Austin, Texas) conosciuto, soprattutto, per delle intensissime performances live. La band prende il nome da un antico canto rituale Maya. Il nucleo creativo del gruppo è composto da Conrad Keely e Jason Reece che si alternano fra batteria, chitarra e voce, sia su disco che dal vivo. (http://it.wikipedia.org/wiki/...And_You_Will_Know_Us_by_the_Trail_of_Dead)
Il percorso discografico dei Trail Of Dead è stato uno dei più vivaci tra le bands che hanno caratterizzato gli anni ’00. Dagli esordi ad oggi abbiamo assistito a diversi esperimenti che li hanno portati a fare un viaggio a ritroso nella storia del rock, partendo dal moderno per arrivare alle influenze psichedeliche anni ’70. Non sorprende più di tanto l’ennesimo ribaltamento sonoro ma di sicuro stupisce, in positivo, il risultato finale. “Lost Songs” è la mutazione più estrema del combo texano. Siamo di fronte ad un disco che rispecchia pienamente quanto già anticipato dal singolo “Up To Infinity”: batteria incalzante, potenti riffs e più momenti che si avvicinano all’hardcore. Ma la vera novità è la deriva heavy metal che ha il picco nell’accoppiata “Opera Obscura” e “Lost Songs”, un tappeto di tamburi su cui si incastonano chitarre pesantemente distorte. (http://www.sentireascoltare.com/recensione/10714/and-you-will-know-us-by-the-trail-of-dead-lost-songs.html)
Giù il cappello, sguardo basso e rubinetto dell’umiltà ben aperto, a farne sgorgare un bel fiotto costante. Questa è la postura consigliata di fronte a un disco così, che ci riconsegna una grande band in forma e con un tiro da levare il fiato. Non che i Trail Of Dead si fossero persi nel corso degli album precedenti, mostrando piuttosto sfaccettature e volontà di sperimentazione che in generale avevano ammorbidito il loro impatto. Con “Lost Songs”, invece, tornano a picchiare duro come nell’epocale “Worlds Apart” del 2005, un disco che miscelava una vena indie/college rock statunitense a un piglio post hardcore di derivazione washingtoniana, tipica di molte band Dischord fiorite a cavallo tra gli Ottanta e i Novanta (Il nome Fugazi suggerisce qualcosa?). Per l'ottavo lavoro in studio la band texana sceglie di incidere nel “vecchio mondo”, ossia negli Horus Sound Studios di Hannover (Germania), e dichiara che l’ispirazione che guida l’intero disco è intellettuale e variegata, l’espressione del rifiuto del sentimento di “apatia verso gli eventi del mondo che affligge la scena della musica indipendente ormai da più di un decennio”. Una dichiarazione d’intenti piuttosto pesante che, con un colpo di scena da manuale, sfocia in un disco godibilissimo che mescola melodie non scontate, ma contagiose, a vere e proprie mazzate di energia. E se il desiderio della band era quello di scuotere coscienze e far circolare il sangue più veloce in vene e arterie, beh, sembra che l’obiettivo sia stato centrato piuttosto bene! Certo, i Trail Of Dead non riservano sorprese, né estraggono conigli bianchi dal cilindro, ma qui fanno al top ciò che meglio sanno fare: hardcore evoluto a forte densità di chitarre e con ritmiche nervose, frenetiche e, a tratti, asfissianti. (http://www.rockol.it/recensione-5004/And-You-Will-Know-Us-By-The-Trail-of-Dead-LOST-SONGS)
Un ritorno che è una bomba. Questa è la definizione più adatta al più recente lavoro sfornato dai Trail Of Dead. Un disco che ritorna alla vera essenza del post-hardcore che tanto emozionava negli anni ’90 e lo mescola con l’indie rock che da sempre ha caratterizzato lo stile Trail Of Dead. Ora però prendete l’album, mettetelo su e tirate un bel respiro, si entra in apnea per 57 minuti. Il disco è fatto di basso, batteria e chitarre che si aggrappano a distorsioni forti per poi sfociare in un mare di accordi maggiori. Non vi è via di scampo, ma godetevelo in tutto! (http://www.impattosonoro.it/2012/11/15/recensioni/and-you-will-know-us-by-the-trail-of-dead-lost-songs/)
“RADI@zioni/N.R.G.” è un programma ideato da Camillo Fasulo e realizzato con la radi@ttiva collaborazione di Gabriella Trastevere, Mimmo Saponaro e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì tra le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica “Ciccio Riccio” (www.ciccioriccio.it) di Brindisi.


BRIGITTE: seducenti e bizzarre, a metà strada tra glam ed erotismo... tra umorismo e derisione!


RADI@zioni / Disco Hot N° 07:
BRIGITTE “Et Vous, Tu M’Aimes?” (2011)
… Vi sembrerà strano, ma questa volta vi presenteremo un disco che non è stato pubblicato proprio ieri… Sfuggitoci nel 2011, questo lavoro del duo francese BRIGITTE, per nostra, ma anche vostra fortuna, di recente ristampato poiché divenuto disco di platino e per di più con l’aggiunta di alcuni brani inediti, è tutto fuorché banale!
… Le due BRIGITTE in realtà si chiamano Sylvie e Aurélie. Seducenti, bizzarre, a metà strada tra il glam e l’erotismo, una bionda e l’altra bruna, entrambe compositrici e musiciste eccellenti e, tra l’altro, in precedenza anche impegnate in separate carriere da soliste, portano una ventata d’aria fresca sfoderando un disco retro-pop-folk pieno di canzoni orecchiabili e sapientemente composte. Nelle loro canzoni non manca mai l’umorismo e l’auto derisione ed è proprio questa combinazione che rende la loro musica così piacevole. Aspettiamo al più presto un loro prossimo disco!
(Carmine Tateo)
Tracce consigliate:
BATTEZ VOUS (ascolta&guarda: http://youtu.be/NQ009vOzHjQ)
COEUR DE CHEWING GUM (ascolta&guarda: http://youtu.be/Dx7EsKTD56c)
OH LA LA (ascolta&guarda: http://youtu.be/QbcykbLbc_o


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