Tracklist Disc One:
01. Hymn To The Odin
02. Why Did The Chicken Cross My Mind?
03. The Armenian Genocide
Tracklist Disc Two:
01. Revolutionary Suicide
02. Paradise Mislaid
03. Mexican Revolution Blues
04. Russian Revolution Blues
05. They Were On Hard Drugs
06. In His Cups
07. Phoney People, Phoney Lives
08. Destroy Religion
01. Hymn To The Odin
02. Why Did The Chicken Cross My Mind?
03. The Armenian Genocide
Tracklist Disc Two:
01. Revolutionary Suicide
02. Paradise Mislaid
03. Mexican Revolution Blues
04. Russian Revolution Blues
05. They Were On Hard Drugs
06. In His Cups
07. Phoney People, Phoney Lives
08. Destroy Religion
Uno strabiliante inno
vaneggiante alla rivoluzione come repulisti per un mondo in collisione con se stesso.
Un disco doppio che Julian Cope – lo stravagante artista del Galles – porta a
termine come un sogno proveniente da un’ossessione interna, un’urgenza
ispirativa, già manifestata con il precedente “Psychedelic Revolution” –
anch’esso album doppio come questo che presentiamo – e che ancora riscuote
emozioni di massa e benevoli apprezzamenti. “Revolutionary Suicide” è il nuovo
capitolo di Cope, un doppio concentrato di poesia, ballate fricchettone sempre
attuali e gioiellini sonori. Una prestazione sempre e comunque da tenere in
mente perché artisti di questa stazza – sebbene sghembo e squadrato come si
conviene ai veri “poeti folli” – non se ne “fabbricano” più e, come si dice,
ogni lasciata è persa.
Si dica pure che Julian
Cope è un po’ “fuori”. “Fuori come un balcone”, direbbe qualcuno… Potrebbe
esserlo! Resterebbe, tuttavia, da capire fuori da cosa, o da dove? Stante il
fatto che noi tutti che abbiamo a che fare con questo tipo di musica, tanto
“dentro” non amiamo considerarci, abbiamo ora il compito di illustrarvi
l’ultima produzione dell’arcidruido che meglio rappresenta le nostre ossessioni
di un sano paganesimo. Nel disco Uno, in circa 30 minuti si ascoltano tre
ballate, la folkeggiante “Hymn to the Odin”, la timida passata di pianoforte
sopra un vocione lugubre alla Nick Cave di “Why did the chicken cross my mind”
e i 16 minuti di “The Armenian Genocide”, stupenda giga di tamburo battente,
chitarra acustica e cori attorno ad un falò: una sensazione crepuscolare e
ricca di pathos. Il disco Due si discosta abbastanza dalla prima parte con
sonorità stile anni ’60, come nella title-track, la patchanca ubriaca di
“Mexican devolution blues”, bolle sintetiche come in “They were on hard drugs”,
le chiazze psichedeliche della sua Inghilterra con “Phoney people, phoney
lives” e tutto lo sperimentalismo di bonghi, suoni gutturali, vento e
digrignamenti vari che “Destroy religion” mette in mostra, come in un commiato
tribale, con l’intento di lasciare l’ascoltatore in balìa di un futuro incerto,
nel vago delle visioni sciamaniche che la vita odierna ci nasconde.
L’eccentrico Cope non si fa mancare nulla, tira fuori ancora una volta un
gioiellino doppio che ha un suo preciso percorso emozionale ed è specchio di
una poetica a suo modo maledetta, ma benedetta per i nostri padiglioni
auricolari.
“Revolutionary Suicide”
segue, a distanza di un anno, “Psychedelic Revolution” (doppio cd come il
presente). In copertina si vede una sagoma umana, in cima a un dolmen crollato
(forse lo stesso Julian Cope) che solleva, sembrerebbe, un Kalashnikov verso il
cielo, tanto per confermare la matrice di un immaginario che l’autore mantiene
in ambito rivoluzionario/barricadero. Il mondo del signor Giuliano sfugge in
verità a qualsivoglia connotazione politica e infatti nelle note riportate sul
booklet, si legge che l’album è stato ultimato il giorno dei funerali di
Margaret Thatcher, buon’anima alla quale (per non dire altro) non augura alcun
tipo di “R.I.P.”. A voi scoprire il perché, se la cosa interessa! A noi che ne
scriviamo e ne parliamo, importa semplicemente che Julian Cope sia sempre
l’amato artefice di imprese sonore cariche di quella particolare, squisita
sofisticatezza stilistica, tipicamente “british”, oggi riscontrabile purtroppo
in pochissimi altri autori. Cosa distanzia le sue attuali performance dalle
prime esperienze solistiche? Poco o nulla, tanto che l’alto livello della sua
produzione, pure se negli anni discontinua, ce lo riconsegna oggi, come ieri,
ad una classicità incontestabile, vero stilema di un intero genere.
Considerazione questa che probabilmente a lui stesso starebbe alquanto sulle
palle, ma tant’è! Julian Cope resta un personaggio un po’ fuori e
“Revolutionary Suicide” resta un album con il quale, ancora una volta, si
perpetua la sua leggenda.
Testi liberamente tratti
da www.outsidersmusica.it/recensione/Musica/julian-cope-revolutionary-suicide/
e da www.distorsioni.net/canali/dischi/revolutionary-suicide-2cd.
A cura di: Camillo
“RADI@zioni” Fasulo
“RADI@zioni/N.R.G.” è un programma ideato da Camillo Fasulo e realizzato con la radi@ttiva collaborazione di
Gabriella Trastevere, Mimmo Saponaro e Carmine Tateo, in onda tutti i lunedì tra
le ore 22 e le 24 sull’emittente radiofonica “Ciccio Riccio” (www.ciccioriccio.it)
di Brindisi.
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